Transart24: l’arte come stato di emergenza

Fino al 29 settembre, il Festival multidisciplinare di cultura contemporanea del Trentino-Alto Adige occuperà spazi eccezionalmente aperti al pubblico.

In collaborazione con Transart
Peter Paul Kainrath ©Samira Mosca
Peter Paul Kainrath ©Samira Mosca
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Giunto alla ventiquattresima edizione, il Festival di cultura contemporanea dell’Alto Adige proseguirà fino al 29 settembre in numerosi spazi, eccezionalmente aperti al dialogo con il contemporaneo. Tra attraversamenti e sconfinamenti, questa edizione di Transart è ancor più itinerante e nomade: dalle Dolomiti, con un progetto dedicato all’incontro fra Gustav Mahler e la tradizione del canto cinese, al controverso Monumento della Vittoria di Bolzano, dall’Alpe di Siusi alle periferie della città, e quest’anno anche in Trentino. Per l’occasione abbiano intervistato il direttore artistico Peter Paul Kainrath.

 

Come nasce il Festival?

«Transart è nato come Festival di musica d’oggi che, nelle arti visive contemporanee, ha fatto crescere un pubblico. Transart ha così voluto dare un’offerta ed essere amplificatore del lavoro di tutte queste istituzioni in chiave multidisciplinare. Il nostro obiettivo è quello di far capire al pubblico più diverso che la cultura contemporanea è in assoluto quella più vicino a noi. Prima di essere capita, questo tipo di espressione va vissuta in prima persona, attraverso il loro lavoro proposto dagli artisti».

Che tipo di lavori ci saranno quest’anno?

«Il Festival è stato inaugurato con uno spettacolo sotto forma di protesta contro lo sfruttamento del combustibile. Un atto di impegno sociale che ci conduce a un punto apparentemente lontano, ovvero il centro di documentazione sotto il Monumento alla Vittoria di Bolzano, dove terremo un concerto del tutto particolare. Si potrà udire la voce di Mussolini nel fantastico lavoro del compositore olandese Louis Andriessen, accostato al quartetto di Luigi Nono e Struktur und Ordung, opera della compositrice Iris Ter Schiphorst che approda negli inesplorati mondi della malattia del morbo di Parkinson (24.09).

In questo modo convivono diversi livelli che creano una dimensione di fruizione che solitamente, in una vita concertistica normale, non si incontra. L’intreccio tra luoghi e spazi non codificati secondo la fruizione musicale tradizionale, predispone il pubblico a una maggiore apertura, stimolandone la curiosità. Credo che la cultura contemporanea, e soprattutto la musica, abbia bisogno di un diverso approccio rispetto alla formula tradizionale del concerto».

Transart propone dunque un progetto itinerante nel territorio ma anche tra le diverse discipline.

«Il pubblico spesso è diviso per disciplina: c’è un pubblico per la danza, uno per la musica, o ancora per le arti visive. A settembre Transart riunisce insieme tutte queste categorie. Una sorta di spazio aperto a tutti, indifferentemente dai gusti personali o dal bagaglio culturale di ognuno. Anche per questo il Festival non ha un tema principale, sotto il quale far rientrare una serie di proposte, ma al contrario, punta sui colori più vari declinati in quella che oggi possiamo definire come cultura contemporanea.

La nostra missione è far capire che cultura non è un abbellimento della nostra vita, ma una forma di espressione che arriva dal centro del nostro tempo. Poterla vivere nel modo più naturale e semplice, ci permette di comunicare il fuoco che la anima, al di là dei rituali canonici ai quali spesso siamo abituati».

Transart Icaro Inaudito©Tiberio-Sorvillo
Transart Icaro Inaudito©Tiberio-Sorvillo

Quali sono gli eventi di punta di questa edizione?

«È difficile poter scegliere, perché puntiamo su dei progetti particolari, molti in prima esecuzione italiana. Posso citare il lavoro del Klangforum Wien, attorno alla musica di Lucia Długoszewski, compositrice un po’ dimenticata all’ombra di Morton Feldman e John Cage, e recentemente riscoperta. Qui le coreografe Weronika Pelczyńska ed Elizabeth Ward re-immaginano le possibilità della musica di Długoszewski per la danza contemporanea (18.09).

C’è l’interrogazione su una storia e cultura coloniale in chiave artistica promossa da Merano Arte, nostro partner. Abbiamo poi aperto il Festival in anteprima con uno spettacolo nella OASIE, posto chiuso al pubblico dove si trova un edificio che è ancora in attesa di conoscere la sua futura destinazione d’uso: i proprietari erano disponibili ad aprirlo così è diventato un palcoscenico Transart (28.09). Due grandi nomi della poesia contemporanea, il poeta ucraino originario di Kharkiv Yevgeniy Breyger e la poetessa siriana Kholoud Charaf, daranno vita a wars in words (20.09), accorata riflessione sul ruolo della letteratura nel dare voce al dramma senza fine della guerra, della violenza, della fuga, dell’esilio.

La collaborazione con le più importanti istituzioni culturali del territorio si apre quest’anno anche a Merano Arte per Metamorphism - Metamorfismo - Metamophismus (21.09), pomeriggio di performance collegate al public program della mostra La Linea Insubrica, ospitata nel museo meranese. 

L’associazione di giovani artisti che girano intorno al Museo Arte, lo definiscono il loro spazio, animato ogni giorno da progetti, dibattiti e performance. Un momento che pullula di tante azioni perché, più che un semplice Festival, Transart è una piattaforma aperta, un amplificatore di tutti coloro che lavorano sul contemporaneo. Il tentativo è quello di intrecciare queste espressioni artistiche con dinamiche di taglio urbanistico. Questo per noi è ancor più importante del singolo progetto artistico. La possibilità di sviluppare una riflessione tramite il festival, sugli obiettivi della rassegna, a differenza di un cartellone concertistico. Si tratta di creare una diversa atmosfera per le settimane del Festival, che possa incuriosire le persone».

Transart stimola anche un dialogo tra arte e natura: sono previste residenze artistiche?

«Credo che un Festival debba dialogare con gli elementi che gli stanno intorno, rendendo la sua offerta il più possibile irripetibile. L’Alto Adige presenta un paesaggio affascinante e unico. Per noi è un grande piacere invitare gli artisti a ragionare su dei progetti all’aperto, in dialogo con la natura.

Quando il lavoro ha bisogno di essere creato sul posto in cui verrà poi eseguito, gli artisti vengono invitati ad alloggiare qui per un periodo di residenza. È nata così una comunità attorno al Festival che ha raggiunto Monte San Vigilio, sopra la cittadina di Lana, per dare vita ad Ascension, opera musicale e teatrale del compositore Alexander Manotskov che ha portato il pubblico, insieme ai musicisti dell’ensemble Kymatic, in un pellegrinaggio verso la montagna lungo una serie di coinvolgenti situazioni musicali e visive. Le percussioni cinesi, che hanno un ruolo centrale nell’opera, sono uniche protagoniste nei due componimenti tradizionali che verranno eseguiti. Sul palcoscenico della Fondazione Centro Culturale Euregio di Dobbiaco, a cimentarsi nella nuova composizione The Song of the Earth, ci sarà l'Orchestra Haydn di Bolzano e Trento. Un inno alla bellezza della poesia della dinastia Tang (17.09)». 

Transart Shortparis©Tiberio-Sorvillo
Transart Shortparis©Tiberio-Sorvillo

Tra gli artisti coinvolti anche la compagnia viennese Liquid Loft.

«Torniamo a collaborare con loro, dopo aver accettato il nostro invito a lavorare su un edificio in cui solitamente lavorano circa 200 persone. I singoli uffici si sono trasformati così in un palco d’azione con il risultato che alla fine anche i lavoratori hanno cominciato a vivere il loro ufficio in modo differente. Abitare questi luoghi per noi è molto importante. Non avendo un teatro, il nostro obiettivo è di entrare in una realtà industriale, imprenditoriale. In quei momenti nasce un dialogo con tantissime persone di quell’impresa, che lascia un segno. Si tratta di persone che solitamente hanno interessi diversi dal teatro, ad esempio lo sport. E grazie all’apertura mentale degli imprenditori che, non solo ci finanziano, ma ci invitano a portare cultura nelle loro imprese, si instaura un nuovo dialogo in grado di coinvolgere l’intero team di quell’impresa. Questo è senza dubbio un aspetto forte di Transart. Riuscire a dialogare con un pubblico che di solito non è quello solitamente indirizzato verso il teatro».

Com’è stata la risposta del pubblico in questi anni?

«Ci siamo stupiti per la forma di gratitudine dimostrata. Sempre più spesso le persone ci chiedono, con largo anticipo, in quale direzione andrà il programma, quando comincia la prossima edizione: c’è sempre più curiosità a prescindere da chi inviteremo poi al Festival, all’interno del quale presentiamo spesso artisti davvero di nicchia, conosciuti pressoché da esperti. Ma il pubblico sa che Transart è in grado di offrire un’esperienza nuova. Probabilmente non verrà capita subito, e forse si arriverà anche a rifiutarla. Rimane il fatto che quell’azione porta sempre con sé la garanzia di vivere qualcosa di nuovo, di mai ascoltato o mai visto prima. E finché questa forma di curiosità si manifesta, questa voglia di futuro, possiamo rimanere sempre positivi».

 

Maggiori informazioni sul sito Transart

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