Scala: Muti contro Chailly
Al termine del concerto dei Wiener le sgradevoli parole di Muti verso il direttore scaligero
Già l'arrivo alla Scala di Riccardo Muti alla testa dei Wiener l'11 maggio aveva creato parecchi malumori, perché sembrava più corretto affidare la riapertura al pubblico al direttore musicale in carica Riccardo Chailly e all'orchestra del teatro. Tutto si è però risolto, grazia anche all'intervento dei sindacati, con l'inserimento in cartellone della serata del 10 maggio con Chailly sul podio in una ricca antologia di arie, da Verdi a Purcell, da Čajkovskij a R. Strauss, a Wagner, col soprano Lise Davidsen. Chailly l'11 sera, Muti sul podio, ha quindi gentilmente lasciato il suo camerino al collega e si è sistemato in un palco (l'orchestra è ancora sulla pedana che copre la platea). Concerto di prim'ordine, come c'è da aspettarsi dall'organico viennese (Meeresstille und glückliche Fahrt di Mendelssohn, Quarta di Schumann e Seconda di Brams) e Muti che durante l'intervallo ricorda lo storico concerto che in quella stessa data diresse Toscanini dopo la guerra, aggiungendo nobili parole come "la musica la facciamo per il pubblico, non per noi, perché è una missione". Peccato però che al termine del concerto, incrociando Chailly venuto a salutarlo, lo ricambia con parole a dir poco scortesi. I testimoni oculari, che chiedono l'anonimato, riferiscono come Muti abbia finto di non riconoscere Chailly con la mascherina, ma una volta calata gli abbia chiesto "Cosa ci fai qui?" Altri testimoni riferiscono espressioni più fiorite come: "Tu qui non conti niente, qui conto solo io e Toscanini". Poi chiusa la porta del camerino, dove sono stati ammessi solo alcuni fedeli, pare abbia proseguito: "Non capisco perché la Scala non l'abbia ancora mandato via, quello non porterà mai i Wiener alla Scala come ho fatto io sei volte". Una villanata gratuita, che di certo pregiudicherà qualsiasi tentativo del sovrintendente Dominique Meyer, ancora speranzoso di richiamare Muti a dirigere un'opera. Lo strano, ma è forse una beffa del destino, è che Muti non ricorda l'ostilità creatasi nei suoi confronti in teatro nel 2005, che l'obbligò a lasciare il Piermarini, e che ora è riuscito a rinfocolare con un colpo di un'inedita bacchetta magica, la volgarità.
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