Il beat senza fine di Tony Allen
There Is No End è il disco postumo di Tony Allen, in cui fornisce i suoi beat per una nuova generazione di rapper
A un anno dalla scomparsa di Tony Allen, avvenuta il 30 aprile 2020 a Parigi, l’etichetta Blue Note pubblica There Is No End, disco composto da tracce per la maggior parte già incise prima della dipartita del batterista e portato a termine dal produttore Vincent Taeger. Per nostra fortuna quello che abbiamo tra le mani non è il classico disco postumo che lascia il tempo che trova ma un lavoro che si focalizza sul lato più sperimentale del grande batterista nigeriano.
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Inventore con Fela Kuti dell’afrobeat, Tony Allen non ha mai vissuto di rendita, preferendo mettere il suo impareggiabile stile percussionistico al servizio dei generi più disparati e collaborando con personaggi del calibro di Damon Albarn, Jeff Mills, Moritz von Oswald, Hugh Masekela, Coldcut e Charlotte Gainsbourg.
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Da sempre campionato dai rapper, da Nas a Mos Def, da Missy Elliot a J Cole, in questo disco Allen appronta i beat su cui nuovi rapper emergenti, a parte i già affermati Danny Brown, Lava La Rue, Skepta e Sampa the Great, srotolano le loro rime.
«I don’t know when to stop, I’m just exploring this musical field. Because there’s no end» – Tony Allen
Vincent Taeger ha raccontato che Allen è intervenuto con la sua batteria mentre ascoltava in cuffia celebri brani hip-hop. Non si è limitato a mimare i beat, ma piuttosto li ha interpretati a suo modo e col suo stile, realizzando una fusione di groove di hip-hop americano con ritmi dell’Africa occidentale, un affresco impreziosito dagli altri artisti coinvolti nel progetto.
«Era un maestro che non aveva bisogno di parlare... un batterista e un guardiano, con una grande visione artistica e quella visione ha riempito le canzoni anche dopo che ci ha lasciato» - Vincent Taeger
“Cosmosis”, uscita come singolo, è una delle vette di una raccolta molto compatta, la sola a essere stata registrata dal vivo in studio, con tutti gli strumenti che suonano insieme.
Allen, Albarn e Skepta avevano appena finito di registrare “How Far” per il nuovo album dei Gorillaz, Song Machine, quando furono raggiunti dal poeta nigeriano Ben Okri. Malgrado l’ora tarda, si misero al lavoro, intrecciando il groove africano di Allen con la sensibilità pop occidentale di Albarn. Su questo tappeto sonoro si inserì Okri con alcuni passaggi dal suo poema “The Present Moment” e altri improvvisati al momento, il prodotto delle vibrazioni createsi nello studio. Se aggiungiamo il rap torrido di Skepta, ecco che otteniamo un assoluto tour de force.
“Très Magnifique” vede la partecipazione del rapper losangelino Tsunami su una base afrobeat inquietante e carica di riverberi, mentre Sampa the Great snocciola il suo flow poliritmico sul ritmo assassino di “Stumbling Down” e la nostra testa non smette di dondolare.
“Coonta Kinte” omaggia Detroit, la città della Motown e dei Parliament Funkadelic, ma anche della house elettronica, mentre la successiva “Rich Black”, con la presenza di Koreatown Oddity, ha un groove funk che profuma di Los Angeles, la città dove Allen e Kuti registrarono i lori primi album americani.
“One Inna Million” vede la partecipazione di Lava La Rue, originaria di West London, e la sua è la miglior performance vocale dell’album: «Tony ha creato il beat, un ritmo angelico nelle stelle, la lava è in agguato lungo la strada, il mio è un film noir».
Segnalo ancora “Mau Mau”, afrobeat, elettronica e hip-hop, con la vocalist originaria del Kenya ma residente a Londra Nah Eeto: resistere è inutile, tanto vale arrendersi al beat.
There Is No End farà quello che Tony Allen, “il più grande batterista del mondo”, ha fatto per molti decenni, vale a dire influenzare e ispirare i musicisti di domani. È l’ultima, ennesima eredità di un musicista straordinario: il beat continua, io suono il tuo, tu suoni il mio, e non c’è una fine.