Dawn Richard, R&B futurista in salsa creola

Con il nuovo album Second Line Dawn Richard si mette sulla scia di Janelle Monáe e Beyoncé

Second Line dawn richard
Disco
pop
Dawn Richard
Second Line
Merge
2021

«Second Line è una danza in cui ciascuno è felice e fa ciò che sente», dice la voce all’inizio di “Bussifame”, prima del decollo di un intrigante groove sul quale Dawn Richard articola versi al crocevia fra rap e R&B.

– Leggi anche: Janelle Monáe, una diva afroamericana per il nuovo millennio

Alludendo alla tradizione delle parate musicali tipica di New Orleans, quella spiegazione descrive alcune caratteristiche del secondo disco di Dawn Richard – che della città della Louisiana è originaria – partendo ovviamente dal titolo e dall’orgoglio campanilistico che esso esprime. Chi parla è mamma Debbie, incaricata inoltre d’introdurre la performance sensuale della figlia in “Jacuzzi” raccontando sé stessa: «Sono una ragazza creola», conclude.

All’età di 37 anni, l’eclettica Dawn Angeliqué Richard – anche disegnatrice di cartoons d’ispirazione anime e imprenditrice nella ristorazione vegana – compie il passo più ambizioso della propria carriera. Lo segnala indirettamente il curioso approdo discografico presso Merge, da tre decenni baluardo del rock indipendente d’oltreoceano, dopo aver pubblicato in precedenza album in regime di autoproduzione: una necessità divenuta virtù, poiché durante l’ultimo decennio – ha confessato di recente al “New York Times” – «sono stata respinta da chiunque».

Doveva scontare un peccato originale: la gavetta sostenuta su scala televisiva in un reality show a sfondo musicale, sotto lo sguardo dell’allora potentissimo Sean “Diddy” Combs, che la reclutò per un girl group costruito in laboratorio, Danity Kane. In un’altra intervista, ha dichiarato: «Ero nel mainstream. Mi piaceva quel denaro. E quell’aiuto. Ma non credevano in me. E così mi sono tirata su e sono diventata brava a tirarmi su».

All’apparenza Richard difettava di autenticità, insomma, e di lì in avanti si è impegnata dunque in un percorso di riscatto ed emancipazione, spesso mirando più alto di quanto le concedesse un talento in via di definizione: una trilogia fra il 2013 e il 2016 (Goldenheart, Blackheart e Redemption), per cominciare, e poi New Breed, nel 2019.

«Non ho bisogno di un genere. Il genere sono io»

Second Line alza ancora l’asticella: è un lavoro tematico, basato sulla figura dell’androide e alter ego King Creole, che si presenta in apertura proclamando: «Non ho bisogno di un genere. Il genere sono io». Lo afferma annunciando la mescolanza di linguaggi sperimentata nella quindicina di episodi successivi, dall’accattivante cadenza house di “Nostalgia” all’R&B in modalità The Weeknd di “Boomerang” e alle basse frequenze da bounce, variante “sudista” dell’hip hop, in “Pressure” e nell’interludio “FiveOhFour”.

Che Dawn Richard non padroneggi del tutto quest’alchimia complessa è dimostrato da un altro sketch, “Le Petit Morte”, articolato con una certa goffaggine sulla celeberrima sonata per pianoforte numero 14 di Beethoven. Eppure, appena prima, aveva messo a segno con “Mornin | Streetlights” uno dei colpi migliori del disco.

Nonostante qualche velleità di troppo, Second Line è meritevole di attenzione e rispetto: mostra l’autrice incamminata su una strada intermedia fra la seducente narrazione afrofuturista di Janelle Monáe e l’efficace acume pop di Beyoncé.

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