La figura di Bruno Maderna è reduce – complice lo scoccare del centenario dalla nascita caduto nel 2020 – da una serie di meritori approfondimenti, alcuni dei quali hanno trovato approfondito riscontro anche in queste nostre pagine, sia nella declinazione discografica sia in quella editoriale, oltre che in tante altre occasioni offerte da concerti e manifestazioni varie.
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Al netto della inevitabile tendenza alla consacrazione dell’artista che si è potuta percepire in diverse occasioni, il merito principale di questo libro di Mario Baroni e Rossana Dalmonte, pubblicato alla fine dello scorso anno e titolato con elegante semplicità Bruno Maderna. La musica e la vita (LIM, Lucca 2020, XIII+312 pp., 30,00 €), è quello innanzitutto di aver rispettato gli intenti dichiarati: «La letteratura su Bruno Maderna è ricca di contributi, soprattutto in italiano ma anche in francese, inglese e tedesco; in genere si tratta di scritti su composizioni particolari o su aspetti del suo stile dedicati agli specialisti del settore. Il presente volume intende invece rivolgersi a un pubblico più largo cercando di illustrare non solo la sua musica, ma anche i fatti principali della sua vita».
Si tratta, quindi, di un libro che narra la storia di Bruno Maderna, il percorso personale e artistico, la sua evoluzione di individuo dai natali non del tutto canonici che da bambino prodigio diviene direttore precoce, compositore dalle diverse stagioni stilistiche fino a musicista maturo e intellettuale in un senso il più ampio (e libero) possibile.
Un percorso biografico e artistico fitto di rimanti bibliografici e documentari densi e articolati – come si addice a una coppia di studiosi della caratura di Baroni e Dalmonte – ma che vengono sciolti in un racconto che potremmo dire accattivante – strana definizione, è vero, per un testo di matrice comunque musicologica – nel corso del quale il lettore si può appassionare alle vicende – invero quantomeno originali – del protagonista: dalla sua infanzia al rapporto “materno” con Irma Manfredi, fino alle tappe professionali e personali che, via via, lo accompagnano alla piena maturità di artista, intellettuale e uomo del secondo Novecento.
Significativi i titoli degli otto capitoli nei quali si articola questo lavoro: Dalla nascita alla fine della guerra, Da Venezia a Darmstadt, Fra Milano e Darmstadt, Musica ex machina, La crisi della serialità integrale, Mutamenti di vita e di scrittura degli anni Sessanta, Il ciclo Hyperion e Gli anni americani. A ben vedere, si tratta di una mappa ben delineata nell’ambito della quale, dal secondo dopoguerra agli inizi degli anni Settanta, una figura acuta e curiosa come quella di Maderna si poteva muovere – forse inevitabilmente – lungo il tracciato di un’esplorazione ampia e personale tra musica di repertorio (soprattutto in qualità di direttore) e Nuova Musica (soprattutto in qualità di compositore e docente).
Oltre alla vita e alle vicende biografiche, anche la musica di Maderna viene naturalmente vagliata dai due autori che, tra i rimandi biografici e aneddotici sparpagliati tra una pagina e l’altra, restituiscono lucide letture delle composizioni dell’autore, dalle opere come Alba e, soprattutto, il Requiem, che segnano idealmente il primo periodo produttivo vissuto durante la Seconda guerra mondiale, fino ad arrivare a Hyperion, un ciclo – la cui ultima realizzazione viene datata 1969 e proposta a Berlino e, con qualche variazione, a Vienna con il titolo Suite aus der Oper Hyperion – qui definito «un genere musicale inedito: non è un dramma teatrale, non è oratorio, non è poema sinfonico, non è opera aperta, non è un Lied per voci e orchestra. È solo una novità senza antecedenti che lo stesso Maderna non sapeva nominare, se non alludendo a una libera “successione” di eventi musicali».
Ma in queste dense pagine ritroviamo anche il Maderna acuto intellettuale, il sapiente manipolatore di alchimie sonore nello Studio di Fonologia di Milano, il direttore d’orchestra curioso, il didatta aperto e interlocutorio: un condensato di informazioni, racconti e riferimenti capaci di restituirci un profilo a tuttotondo dell’artista e dell’uomo, un percorso di lettura completato dalle Testimonianze d’oggi (a cura di Valerio Tura), oltre che dalla bibliografia e dall’indice dei nomi (quest’ultimo curato da Benedetta Bonfiglioli).
Alla fine rimane anche, quale ideale filo conduttore di queste pagine – e, verrebbe da dire, nonostante il rigore metodologico che sottende il lavoro –, una garbata leggerezza di fondo che traspare già a partire dalla copertina di questo volume, da quel sorriso sornione di Maderna – appena accennato, di fronte alla nuvola di fumo del suo sigaro – che ci racconta, anche solo con una immagine, acnora qualcosa dell’uomo e del suo carattere.
Una leggerezza che ci ricorda, infine, un altro protagonista della cultura italiana del secondo dopoguerra come Gianni Rodari, anch’egli nato come Maderna nel 1920 e che nel suo scritto Il sasso nello stagno – compreso nell’opera Grammatica della fantasia, apparsa per la prima volta nel 1973, anno della morte dello stesso Maderna – evoca, in maniera certo originale, ancora un poco del carattere del compositore veneziano e del rapporto con i suoi colleghi, un dato che viene peraltro e in altri modi approfondito anche nelle pagine di Baroni e Dalmonte: «Ecco la casa in musica. È fatta di mattoni musicali, di pietre musicali. Le sue pareti, percosse da martelletti, rendono tutte le note possibili. So che c’è un do diesis sopra il divano, il fa più acuto è sotto la finestra, il pavimento è tutto in si bemolle maggiore, una tonalità eccitante. C’è una stupenda porta atonale, seriale, elettronica: basta sfiorarla con le dita per cavarne tutta una roba alla Nono-Berio-Maderna. Da far delirare Stockhausen […]».