Rafforzare il rapporto con il compositore e creare un collegamento più immediato con il pubblico, anche attraverso una comunicazione più aperta e contemporanea, capace di parlare alle nuove generazioni. Ampliare il catalogo nell’ottica dell’unicità e rendere lo spartito una vera e propria opera d’arte, collaborando anche con artisti contemporanei internazionali. Consolidare il legame con Milano e con le sue attività culturali, per esserne parte attiva, ma creare anche nuovi legami con realtà musicali di respiro internazionale. Sono alcuni degli obiettivi di una piccola rivoluzione che all’inizio del 2024 ha riguardato uno storico marchio dell’editoria musicale italiana, le Edizioni Suvini Zerboni, fondata nel 1907 e ormai da decenni nella scuderia della Sugarmusic, guidata da Caterina Caselli e da Filippo Sugar. Da un anno le Edizioni Suvini Zerboni hanno cambiato non solo il nome in SZ Sugar ma anche il management, affidato a una generazione di trentenni.
La nuova “Head of Publishing” è Anna Leonardi. A una solida formazione musicale ed esperienze importanti come oboista in orchestre di primo piano, dalla “Cherubini” di Riccardo Muti a collaborazioni anche con l’Orchestre de la Suisse Romande e la Gewandhausorchester, Leonardi vanta anche studi nel management culturale e nella direzione artistica. Dal 2017 dirige il Festival della Piana del Cavaliere, l’Orchestra Filarmonica Vittorio Calamani e la stagione concertistica “Antecedente”, tutte iniziative che hanno contribuito a valorizzare la vita culturale della regione Umbria. Con Anna Leonardi abbiamo parlato del suo ruolo all’interno della SZ Sugar e di come intende rinnovare uno dei marchi storici dell’editoria musicale italiana.
Vuoi descrivere brevemente in cosa consiste il lavoro di editore musicale e in maniera più specifica il tuo all’interno di SZ Sugar?
In effetti il mestiere dell'editore è relativamente poco noto anche se riguarda molti ambiti diversi. In estrema sintesi, in questo mestiere bisogna saper intercettare quello che verrà dopo prima degli altri e per questo sentire il proprio tempo è senz’altro importante, ma anche anticiparlo lo è. C'è quindi bisogno di fiuto per capire come interfacciarsi con gli artisti, ognuno dei quali ha esigenze particolari quando si affrontano questioni artistiche ma anche umane o personali. Con più di un secolo di storia alle spalle, alla SZ Sugar abbiamo un catalogo immenso e oltre 40 compositori viventi e in attività. Capire con chi è possibile affrontare un certo tipo di discorso è importante e soprattutto cercare di indirizzare le peculiarità artistiche di ognuno verso quello che potrebbe essere efficace e appunto utile in questo mondo. Avendo a che fare con persone, bisogna spesso essere anche un po' interpreti degli altri, psicologi e analizzare il sentimento di chi scrive musica, capire come funziona il suo processo creativo e poter consigliare su quale soggetto sviluppare una certa composizione. Insomma, si tratta di capire quanto sentire del mondo c'è intorno a una certa personalità musicale.
E gli aspetti meno piacevoli o più faticosi di questo mestiere?
Forse è la relazione con chi la musica la produce, con gli “impresari”, cioè con coloro che la musica la commissionano. A volte meccanismi faticosamente messi in piedi cambiano in pochissimo tempo oppure cambiano rapidamente le logiche dei direttori artistici e occorre ricominciare daccapo. È un aspetto meno creativo di questo mestiere, che però porta a mettersi in relazione con tutte le realtà del mondo musicale con le quali c’è sempre qualcosa da imparare. È sempre interessante scoprire cosa direttori artistici, sovrintendenti o solisti o direttori d'orchestra stanno cercando, quali dettagli di una certa composizione li colpisce o cosa invece li lascia perplessi. Si tratta sempre di dinamiche belle, interessanti e vive. Insomma, non ci si annoia a fare questo mestiere.
Parliamo di te. A un certo punto Caterina Caselli, fondatrice di Sugarmusic, ti chiama e ti affida il ramo di musica classica e contemporanea della sua azienda. Com’è successo?
Credo abbia contato molto la mia esperienza alla direzione artistica del Festival della Piana del Cavaliere in Umbria e dell’Orchestra Vittorio Calamani. Per un paio d'anni sono stata coordinatrice artistica del festival di Milano Musica, un’esperienza che mi ha avvicinato al mondo milanese. Grazie a queste esperienze ho lavorato molto con la musica d’oggi. Sugarmusic mi ha invitato a presentare un progetto con una visione per la casa editrice. Il management di Sugarmusic ha voluto darmi fiducia e mi sono quindi messa subito al lavoro per realizzare il mio progetto. Con Sugarmusic penso abbia funzionato il mio imprinting da operatrice culturale o musicale, quindi con uno sguardo un po' esterno rispetto a quello tradizionale del mondo dell'editoria ma che vi riporta all'interno le necessità di chi la musica la fa.
Come si sono tradotte queste tue esperienze nelle scelte editoriali di SZ Sugar?
Direi soprattutto nel voler dare una spinta un po' diversa. Grazie ai miei studi di management musicale, avevo un'idea piuttosto precisa su cosa andava fatto e sul percorso da seguire con un editore storico come Suvini Zerboni. Credo di aver portato uno sguardo più aperto verso l'esterno, cercando anche di lavorare sulle tecniche di comunicazione e ridando rilievo al lavoro della casa editrice e dei compositori della sua scuderia nella società, quasi come un’attività di alto artigianato che tutti possano conoscere. Abbiamo quindi investito nella comunicazione, in una newsletter, ma anche lavorato per dare la possibilità a tutti di ascoltare le musiche degli autori che pubblichiamo: da qui nasce il percorso che stiamo facendo con la creazione di un’etichetta discografica che pubblichi la musica d’oggi. Dal mio punto di vista, in Italia questo settore è piuttosto carente, nel senso che non esiste più un'etichetta discografica di riferimento per la musica d'oggi che soprattutto diffonda questa musica come il pop o la musica da film, che è l’altra faccia, forse la più nota, di Sugarmusic.
Come si innesta nel catalogo tradizionale di Sugar questa attenzione alla musica d’oggi?
Nel pop Sugarmusic seguiva percorsi molto chiari, molto efficaci per la sua diffusione, facilitandone l’ascolto per tutti. Ora con la musica d'oggi stiamo cercando di impiegare gli stessi mezzi senza naturalmente deturpare la musica, cioè senza alterare il contenuto artistico del concetto musicale, ma utilizzando mezzi di divulgazione utili affinché chiunque possa ascoltare quel tipo di musica. Vogliamo abbattere le barriere che ostacolano la diffusione di una musica spesso considerata poco attrattiva, a parte da una nicchia un po’ ristretta di pubblico.
Lo storico fondatore Ladislao Sugar ebbe l’intuizione di accogliere compositori considerati “di rottura” rispetto alle mode del suo tempo. Si inserisce in questa tradizione la decisione di pubblicare Found in Translation dedicata alle musiche di Michele Tadini, un compositore dal profilo eclettico e probabilmente non classificabile secondo i canoni di ciò che comunemente si definisce musica d’arte contemporanea?
Chiaramente da parte nostra c'è un’apertura ampia anche alla musica non accademica, com’è il caso di Stefano Pilia, Alessandro Baldessari e certamente anche di Michele Tadini, che in Found in Translation ha cercato di rielaborare e sintetizzare tutte le sue peculiarità artistiche che vanno dalla musica per installazioni, a quella per il teatro e per concerto, passando per il pop, fusion, rock, ecc. La sintesi di queste esperienze supera una certa staticità, che vedo nella versione puramente accademica di certa musica d’oggi.
Dunque musica “contaminata” cioè aperta a territori “altri”?
Direi piuttosto musica che interagisce con altri mondi ma che ha anche un suo valore assoluto e che, credo, vada valorizzata anche per ciò che è. Un altro filone sul quale stiamo investendo è il catalogo di musica elettronica, anche la più storica, come quella di Roland Kayn, il padre della musica cibernetica. Abbiamo cominciato a pubblicare la sua musica Kayn, divenuta ormai introvabile. Abbastanza per caso ci siamo accorti che ai giovani la sua musica non stupisce o scandalizza, né annoia. Al contrario, quel mondo di suoni esercita su di loro una grande attrazione. Intendiamo continuare su questo filone della musica elettronica storica per poi arrivare a quella d’oggi, quella che si ascolta in tanti club berlinesi o in America.
Non credi ci sia il rischio che si abbassi troppo l’asticella e che si finisca per perdere una certa idea di qualità musicale?
Il mio obiettivo è quello di eliminare barriere, di trovare i luoghi più adatti, non necessariamente non convenzionali: c’è musica che va fatta in un auditorium o in un teatro, ma c'è musica, prodotta magari dagli stessi compositori, che se fosse eseguita in un pub, in un club o in una cantina, probabilmente acquisterebbe un valore maggiore. Allo stesso modo ci sono partiture che possono trovare un loro spazio anche semplicemente nell’essere guardate, prima ancora che essere ascoltate. Sono convinta che più c’è modo di mettersi in relazione con il mondo meglio è, altrimenti la musica rischia di rimanere un oggetto per pochi e questo non è utile a nessuno.
Parlando di musica elettronica, fra le vostre pubblicazioni figura anche il nome di Caterina Barbieri , neodirettrice della Biennale Musica.
Caterina Barbieri riguarda un altro aspetto che abbiamo affrontato nel nostro percorso, che è quello di stabilire dei ponti con il mondo dell'arte contemporanea. Dal mio arrivo alla SZ Sugar abbiamo iniziato a lavorare con miart e con il Settore Arte della Biennale di Venezia. Il Padiglione Italia dell’ultima Esposizione Internazionale d'Arte della Biennale presentava un’installazione di Massimo Bartolini, di fatto un’installazione sonora. Ho proposto la pubblicazione di quella musica al curatore del Padiglione Italia, Luca Cerizza, e l’idea è piaciuta. Abbiamo quindi pubblicato in disco ma anche su carta la musica scritta da Caterina Barbieri, Kelly Malone e Gavin Bryars per quello specifico progetto.
Con Caterina Barbieri sono previste altre collaborazioni?
Con lei il discorso è aperto, nel senso che la sua musica, è pubblicata da Warp Records, che noi rappresentiamo in Italia come sub-editori. A parte questo, non c'è un rapporto diretto anche perché, fra l’altro, lei ha anche una sua propria etichetta discografica. Al netto di tutto, Barbieri credo rappresenti una tendenza della musica elettronica di oggi con cui è interessante mettersi in relazione.
È stata una sorpresa per te, personalmente, la sua nomina alla Biennale Musica?
Credo che la sua nomina sia coerente con la direzione impressa dall’attuale Presidente sta dando alla Biennale di Venezia e non solo al Settore Musica. Barbieri è una compositrice, donna, giovane, che guarda al mondo. Il fatto che attraverso la musica elettronica possa anche intercettare delle masse di pubblico grandi, può costituire un valore aggiunto. È chiaro che ognuno può avere dubbio o meno su questa nomina che interrompe una certa tradizione anche recente, ma l’identità e il senso della Biennale Musica è nella sua capacità di creare musica d’oggi. Detto questo, siamo tutti in attesa di scoprire che cosa succederà al prossimo festival.
Accanto ai compositori che hai citato, SZ Sugar ha in catalogo autori contemporanei più canonici.
Ci lavoriamo moltissimo, soprattutto sugli autori di oggi che hanno bisogno di spazio, di essere ascoltati, di essere interpretati, di nuove commissioni, insomma. Oltre agli storici compositori del nostro catalogo come Alessandro Solbiati o Ivan Fedele, stiamo lavorando molto con Aureliano Cattaneo, Federico Gardella, Filippo Perocco, Riccardo Panfili, Malika Kishino o Pasquale Corrado per citarne solo alcuni. Si tratta una fascia di compositori non esattamente giovanissima e che ha molto da dire, ma spesso è schiacciata dalle grandi personalità di qualche generazione precedente. E stiamo trovando uno spazio anche per aprire nuovi orizzonti ai più giovani come Leonardo Marino, Simone Cardini, Miharu Ogura, Pasquale Punzo e altri che rappresentano il futuro di questo catalogo.
Musica d’oggi a parte, l'attività editoriale come Suvini Zerboni è cominciata più o meno cento anni fa. Cosa fate concretamente per promuovere i grandi classici del vostro catalogo?
Nel nostro catalogo abbiamo molti lavori di compositori anche celebri che oggi sono pressoché dimenticati, senza un vero motivo: proprio su questi lavori stiamo lavorando moltissimo. Al momento, siamo concentrati su un lavoro di Luciano Berio, a mio avviso di grande importanza, che però non si esegue dai primi anni ’70, Allez Hop, su testo di Italo Calvino di incredibile modernità. Nemmeno Talia Baker, la terza moglie di Berio, ha mai avuto occasione di ascoltarla dal vivo. Abbiamo anche tutti i lavori di Bruno Maderna e anche le sue revisioni di composizioni antiche a partire da Monteverdi. In occasione del cinquantenario della morte, quest’anno faremo un grande lavoro di comunicazione su Luigi Dallapiccola (una piccola anticipazione a fine mese sarà l’esecuzione in forma di concerto de Il prigioniero a Padova con l’Orchestra di Padova e del Veneto diretta da Marco Angius) e lo stesso faremo nel 2027 per il centenario di Franco Donatoni. Attraverso un lavoro di promozione di queste grandi personalità di compositori, vorremmo rendere questi autori un po' più vicini al sentire comune, anche raccontando le loro storie e le storie delle composizioni del nostro catalogo.
Qualche chicca scovata negli archivi della vecchia Suvini-Zerboni?
Fra le cose insolite, abbiamo tre opere di Ruggero Leoncavallo, arrivate nel nostro catalogo attraverso vicissitudini piuttosto particolari (i suoi lavori più noti sono stati pubblicati da Sonzogno e da Ricordi). Nostri sono Zingara, un’opera con lo stesso organico di Pagliacci, un’operetta e la sua ultima opera, rimasta incompiuta, Edipo re, scritta per un baritono che deve essere anche attore. Abbiamo nel nostro catalogo anche tutti i Concerti per flauto di Saverio Mercadante, sui quali stiamo lavorando. Il lavoro su queste composizioni del passato è senza dubbio un compito essenziale per un editore accanto alla necessità di dare sostegno alla musica che si scrive oggi.
Una tua scoperta inattesa cercando fra le vecchie carte?
Mi capita di aprire un armadio nei nostri uffici e di trovare delle lettere di Petrassi. E poi di aprire un altro armadio e di trovare lettere di Dallapiccola, scritte magari su pezzettini di carta, magari del pane o fi un foglio di giornale, perché durante la guerra non c'era altro. Secondo me è bello vedere quanto per un compositore fosse fondamentale il confronto con il proprio editore. Anche in tempi assolutamente bui, come durante una guerra, quei contatti e gli stimoli che derivavano dal confronto continuo rimanevano fondamentali al loro processo creativo. Poter avere nei nostri archivi questo tipo di materiale è una fonte di informazioni preziosissima che offre una profondità maggiore alla semplice lettura delle partiture.