Pauline Viardot per tutte le donne in musica
A Venezia il Bru Zane celebra le donne con una conferenza e un concerto dedicati alla cantante e compositrice Pauline Viardot
Per il mese di marzo 2021, il giornale della musica aderisce – insieme a decine di riviste, portali web e radio in Europa – all’iniziativa #womentothefore dello Europe Jazz Network, a favore della progressiva parità di genere nelle musiche creative.
«Il suo talento è così completo, così vario, tocca così tanti punti dell’arte, unisce una spontaneità così orecchiabile e così tanta scienza, che produce sia stupore che emozione. Colpisce e commuove. Impone e persuade. La sua voce di eccezionale estensione e al servizio della più sapiente vocalizzazione e dell’arte dell’ampio fraseggio, esempi dei quali oggi sono molto rari. Unisce a tutto ciò una verve indomabile, vivace, dispotica. Una sensibilità profonda e una capacità quasi deplorevole per esprimere un dolore. Il suo gesto è sobrio, nobile, oltre che autentico e la espressione del suo viso sempre così possente lo è ancora di più nelle scene silenziose che in quelle dove deve rafforzare l’enfasi del canto».
È la vivida descrizione che fece Hector Berlioz dell’arte vocale di Pauline Viardot, la personalità scelta dal Palazzetto Bru Zane per il tradizionale concerto organizzato nella giornata internazionale dei diritti delle donne e diffuso in streaming dalla sede veneziana.
Le parole di Berlioz sono state ricordate nel corso di una conferenza diffusa anche in streaming dal Palazzetto Bru Zane dalla clavicembalista e musicologa Amaya Fernández Pozuelo, che di Pauline Viardot ha ricostruito il singolare e luminoso percorso artistico e umano che ha attraversato gran parte dell’Ottocento musicale.
Nata in una famiglia musicale (il padre era il celebre tenore Manuel García, morto quando lei aveva solo 11 anni), Viardot fu costretta ad abbandonare lo studio dell’amato pianoforte, per il quale ebbe anche Liszt come insegnante, per dedicarsi alla carriera di cantante già a sedici anni dopo la morte prematura della sorella maggiore Maria Malibran. Benché meno avvenente della sorella maggiore, si impose comunque sulle scene internazionali come una delle interpreti più autorevoli e ammirate nonostante scelte spesso inusuali per il suo tempo, come far conoscere le opere di Händel in Francia e contribuire alla riscoperta di Gluck.
Viardot fu anche molto amata da alcuni dei compositori più influenti del suo tempo, da Berlioz, che adattò ai suoi mezzi vocali l’Orphée et Eurydice di Gluck (e uno spettatore illustre come Charles Dickens dell’interpretazione della Viardot scrisse: «una performance eccelsa – toccante al massimo grado, e ricca di una recitazione sublime»), a Charles Gounod, della cui Sapho fu prima interprete, a Meyerbeer, che scrisse per lei il ruolo di Fidès nel Prophète, a Massenet, Fauré e Saint-Saëns, che volle dedicarle la sua Dalila, ruolo che però la Viardot declinò ritenendosi ormai troppo avanti con l’età. Non le fu indifferente nemmeno lo stesso Wagner, che con lei interpretò il secondo atto del Tristan in una sessione privata davanti a Berlioz (l’esito comunque non dovette essere memorabile).
Ritiratasi dalle scene nel 1863, Viardot rimase tutt’altro che inattiva animando serate musicali nel suo salotto, dedicandosi alla composizione per lo più di “mélodies” o di piccole opere e calcando molto occasionalmente le scene, come nel 1870 a Jena per la prima della Rapsodia per contralto di Brahms.
Il programma messo insieme per questo 8 marzo tocca i due aspetti dell’arte di Pauline Viardot: la compositrice e la cantante celebrata dal pubblico di mezzo mondo. A far rivivere la sua arte nella sala vuota del Palazzetto Bru Zane è il mezzosoprano Aude Extrémo accompagnata dal pianista Étienne Manchon.
Il concerto si apre con una selezione dalla suggestiva raccolta delle Douze mélodies sur des poésies russes del 1866, che si apre con L’orage di umore quasi espressionista nello scandaglio interiore e comprende lo slancio visionario di Évocation ma anche i colori impressionistici de Les ombres de minuits. Le altre romanze spaziano dalle giovanili “Solitude” e la popolaresca “L’absence” impregnata di torridi umori iberici delle Dix mélodies del 1850 alla produzione più matura con “Hai Luli !” e l’“Havanaise” con audaci virtuosismi di gusto rossiniano in forma di rondò dalle Six mélodies et une havanaise variées à deux voix del 1884, fino alla spagnolesca “Les Filles de Cadix” dalle Six mélodies del 1887.
Quanto sia vicina a quella della Viardot la voce scura e non del tutto sicura nella tessitura acuta di Aude Extrémo non ci è dato sapere. A far fede a quanto scritto nel 1839 da Alfred de Musset a proposito del «timbro chiaro, sonoro, ardito, quell’emissione tipicamente spagnola che ha qualcosa di rude e di dolce al tempo stesso» di Viardot, si direbbe abbastanza poco. Un giudizio certamente arbitrario ma rafforzato da un certo senso di estraneità interpretativa in alcuni dei grandi cavalli di battaglia operistici di Pauline Viardot scelti a conclusione del concerto. Dopo “Ô mes soeurs” dalla Marie-Magdeleine di Massenet, arriva la celebre “J’ai perdu mon Eurydice” proposta con una certa enfasi melodrammatica, seguita dal patetico lamento di “Ah ! mon fils” della Fidès del Prophète meyerbeeriano e quindi dalla sensuale “Mon cœur s’ouvre à ta voix” dal Samson et Dalila di Saint-Saëns, il grande festeggiato del 2021 nella maison Bru Zane.
Al di là dei limiti interpretativi resta il valore di un omaggio a una delle personalità musicali (e non solo) più fiammeggianti dell’Ottocento europeo, la cui luce magari aiuterà a sottrarre dal cono d’ombra una sensibilità musicale femminile fino a oggi largamente ignorata.
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