Tra il 20 gennaio e la fine di marzo del 1888 Gustav Mahler compone la prima versione della sua Prima Sinfonia, una pagina abbozzata già molti anni prima, come annota Carlo Serra a pagina 63 del suo denso studio titolato Come suono di natura (Galaad Edizioni 2020).
Un lavoro, quello dello studioso e docente presso il Dipartimento Studi Umanistici dell’Università della Calabria, che dalle trecento e passa pagine che lo compongono trasuda amore per lo studio, per l’analisi e la riflessione – dedicata, in verità, al solo primo movimento della prima fatica sinfonica del compositore di Kalischt.
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Uno studio di filosofia della musica, di matrice fenomenologica, che in questa scelta di circoscrivere l’oggetto della sua analisi trova la sua essenza nel sottotitolo al volume, che recita: “Metafisica della melodia nella Prima Sinfonia di Gustav Mahler”.
«Come stabilire dei nessi fra il pensiero di un filosofo e l’opera compositiva di un musicista?»
Come si può scoprire scorrendo l’articolazione dell’indice del libro, l’obiettivo è quello di sviluppare una lettura che vede, come riporta il titolo del terzo capitolo, “Mahler interprete di Schopenhauer”; in questo senso, come rileva l’autore stesso nella sua “Introduzione”: «come stabilire dei nessi fra il pensiero di un filosofo e l’opera compositiva di un musicista? Abbiamo deciso di mettere alla prova questo modello, analizzando le relazioni fenomenologiche legate all’aprirsi della spazialità, delle morfologie melodiche e delle valorizzazioni timbriche e polifoniche nella scrittura di un tempo di Sinfonia, il primo tempo della Prima Sinfonia di Gustav Mahler: nel brano avvertiamo una tensione costruttiva determinata dal fatto che gli elementi immaginativi legati a forme di imitazione creano vincoli che modificano la pratica compositiva. Tutti questi temi convergono nell’espressione suono di natura».
Un’espressione che, oltre all’indicazione mahleriana in partitura, fin dalla copertina di questo libro richiama anche il Goethe della Morfologia delle piante, in merito alla quale Serra ricorda come «ogni fase nella formazione della forma ingloba le precedenti, e deve preparare alle successive». Una suggestione che intride lo svolgersi del discorso dispiegato in queste pagine il quale, se viene circoscritto, come detto, nel recinto del primo movimento della sinfonia mahleriana, si sviluppa in profondità, attraverso una logica che si tratteggia in cerchi concentrici sempre più dettagliati, quasi in una sorta di osservazione dell’opera musicale attraverso un microscopio ermeneutico che, capitolo dopo capitolo, adotta lenti sempre più focalizzate e finalizzate.
Una spirale analitica seguendo la quale possiamo incontrare, tra l’altro, la testimonianza di Bruno Walter in merito alla consapevolezza, per così dire “granitica” di Mahler, di porre in musica la natura stessa, o ancora mettere a fuoco i tre profili delle componenti drammaturgiche oggetto del presente studio: «matericità del suono, forme di rappresentazione spaziale e articolazione formale della melodia».
Basandosi sulla lettura formale sviluppata da Constantin Floros tra il 1985 e il 1997 e sulla partitura Universal nell’ultima revisione (1897-1906), Carlo Serra si inoltra così in una articolata selva di rimandi e di intrecci interpretativi che si muovono tra relazioni melodico-timbriche, rapporti tematico-armonici, passando per evocazioni schopenhaueriane, al fine di «cogliere la continuità di un senso d’ambiguità, che tutti i processi compositivi del primo movimento stringono fra loro, in nome di un dionisiaco che incarna tutte le tensioni fra bello e terribile che popolano il secondo libro de Il Mondo come Volontà e Rappresentazione».
Ma gli scritti di Schopenhauer citati nel presente studio comprendono anche i Parerga e paralipomena, ove il filosofo si lamenta dello schioccare della frusta dei carrettieri, che spezza ogni catena di pensieri con il suo irrompere. Serra annota che «dietro all’incombere del rumore non c’è semplicemente un suono evento, come lo schioccare della frusta, ma una serie di nessi, di connessioni, che stanno trasformando lo schioccare nell’impossibilità di potersi staccare dal mondo, per poterlo pensare. Il doppio del rumore saranno le voci nascoste del naturale, che ci sibilano intorno, nel Sublime, o ci inquietano nel sonno».
Nel dispiegarsi del discorso, in merito alle differenti percezioni e letture del “suono”, incontriamo tra l’altro un interessante parallelo tra Theodor W. Adorno e Luigi Nono, in merito alle prime note della stessa sinfonia mahleriana: «Adorno coglie il processo a giochi chiusi, nello sfilacciarsi del suono, che gli appare sfibrato, logoro, un residuo materico pieno di lacune. Nono lo coglie, al contrario, nel momento del suo aprirsi, nell’opacizzarsi dell’origine, e ne trae la linea di una doppia costituzione nell’orizzonte dell’ascolto: la materia crea il suo spazio, trascinando l’ascoltatore in sé. Le due prospettive, di fatto, stanno l’una nell’altra, e partecipano del carattere di evento diffusivo assunto dal prender spazio del suono». Una considerazione accompagnata da un esempio musicale in formato mp3 nell’esecuzione di Dimitris Mitropoulos, accessibile da un pc o direttamente da cellulare attraverso un lettore di QR Code, così come altri numerosi esempi di ascolto sparpagliati tra le pagine di questo volume.
Un lavoro, come abbiamo detto, denso, ricco di rimandi e riflessioni, nel quale Carlo Serra pare partire da un assunto che Giovanni Piana, suo maestro e riferimento costante anche in questa trattazione, aveva annotato in un suo intervento presentato nel novembre del 1991 a Trento in occasione di un convegno dedicato al tema della “percezione musicale” (e due anni dopo pubblicato nei relativi atti curati da Liliana Albertazzi per i tipi di Guerini), dove sosteneva «la necessità di prendere le mosse dal basso, cioè da concetti prossimi alla percezione, da nozioni modellate sull’esperienza […]». Ed è proprio partendo dalla percezione e dall’esperienza d’ascolto che Serra ci accompagna in un articolato tragitto tra la musica di Mahler e il pensiero di Schopenhauer, e viceversa.