Mary Lattimore, l'arpa e il paesaggio
L’ambient music emotiva di Silver Ladders, nuovo lavoro della statunitense Mary Lattimore
Per consuetudine sguarniti di uscite significative, i primi giorni dell’anno si prestano al ripescaggio di titoli rimasti nelle retrovie durante i mesi precedenti. Ad esempio l’ultimo album da solista della statunitense Mary Lattimore: quarantenne virtuosa dell’arpa, strumento acquisito per ascendente materno e da lei studiato poi in ambito accademico.
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Ammirata sovente al fianco di artisti illustri (tra questi: Thurston Moore, Jarvis Cocker e Kurt Vile), in proprio Lattimore si era segnalata già nel 2018 con il notevole Hundreds of Days, cui Silver Ladders dà seguito perfezionandone la formula e ampliando gli orizzonti espressivi. Illustrato anch’esso in copertina da un dipinto della connazionale Becky Suss, l’olio su tela “Mic (Lighthouse with Solar System)”, è stato pubblicato a inizio ottobre e accompagnato da una “partitura visiva” creata dalla fotografa e film-maker californiana Rachael Pony Cassels: suggestivo complemento all’ascolto dei 40 minuti di musica.
Il disco aveva preso forma in Cornovaglia, appena prima del lockdown, nello studio di Neil Halstead: con Rachel Goswell coppia motrice degli Slowdive, band cardine dello shoegaze d’oltremanica. Costui non si è limitato a registrare e produrre il materiale, intervenendo altresì personalmente nella costruzione del suono: lo si percepisce nei riverberi di chitarra disseminati in “Til a Mermaid Drags You Under”, episodio che da solo occupa un quarto della durata, e nell’incantevole “Sometimes He's in My Dreams”, dialogando con gli arpeggi disegnati dalla protagonista, da parte sua propensa a modificare la natura dello strumento attraverso gli effetti a pedaliera.
Altrove, invece, è un garbato uso del sintetizzatore a variare la trama: in particolare nelle interferenze che increspano l’andamento di “Chop on the Climbout”, composizione ispirata dalle sensazioni provate nel corso di un viaggio in aereo, ha spiegato l’autrice. Tiene viceversa i piedi piantati in terra, evocando una passeggiata nel bosco, il brano d’apertura: “Pine Trees”, affascinante esercizio di musicalità dal gusto rinascimentale. Come confermano le ambientazioni del corredo video, elemento predominante in termini narrativi è tuttavia l’acqua, tanto nell’elegiaco minimalismo di “Don’t Look” quanto nella traccia che dà nome all’intera opera. L’effetto d’insieme è ammaliante: dietro un’apparenza da ambient music contemplativa, si scorge un paesaggio denso di emozioni profonde.