Asa Nisi Masa, Mana felliniano
Nel secondo album per Hyperdub, il produttore torinese Mana supera l’esame di maturità
Nell’8 ½ di Fellini “asa nisi masa” era ciò che la medium legge nel pensiero di Guido Anselmi, trascrivendolo sulla lavagna: espressione sibillina che – in assenza di spiegazioni da parte del regista – si è prestata a varie interpretazioni. La più diffusa sostiene sia la trasposizione in alfabeto serpentino del vocabolo “anima”: a(sa)ni(si)ma(sa). Sembrerebbe avvalorarla l’episodio di chiusura del disco intitolato in quel modo: “Mania”, che di anima è anagramma. Siccome non siamo sulla Settimana Enigmistica, badiamo però alla musica: il brano in questione è nervosamente astratto e popolato da vocalismi artificiali, tipo una Meredith Monk in versione digitale. Insieme ad altri autori quali Morton Feldman, Ingram Marshall e Michael Gordon (da lui menzionati lo scorso anno in un’intervista a “The Quietus”), la compositrice newyorkese può essere fra le chiavi di accesso al nuovo lavoro del produttore torinese Mana, che nel 2017 aveva dismesso lo pseudonimo Vaghe Stelle e scelto di proporsi con il proprio cognome (di nome invece fa Daniele) per segnalare la drastica metamorfosi compiuta affrancandosi dalle cadenze da club con cui fino ad allora si era cimentato, ancorché in maniera concettuale, e accostandosi alla sfera della classica contemporanea.
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“Musica da camera aliena”, aveva decretato il web magazine “Resident Advisor” a proposito dell’album precedente, Seven Steps Behind, che come questo portava impresso il marchio dell’indipendente Hyperdub, fondata e diretta dallo scozzese Kode9. Ascrivibili a quella definizione sono qui tracce di scuola ambient quali “Dormi bene” e “Move the World’s Clock”: le pagine finora più luminose nel repertorio di Mana. Meno pacificata e lineare è l’ispirazione da cui deriva l’iniziale “Spin and Loops”, frastagliata da spigoli vivi e repentine eruzioni liriche: affine a certe soluzioni sperimentate da Oneohtrix Point Never.
Altrove l’intreccio pare alluda viceversa alle musiche per il cinema, ad esempio nella costruzione di “Disordine al disordine”, a un passo dalla citazione del tema di Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto, o agli echi anch’essi morriconiani delle voci femminili che affiorano in “Pausa”. E poi, cercando altre sponde, ecco il Quarto Mondo di Jon Hassell evocato dal cavernoso bordone ritmico e dal soffocato suono di tromba simulata in “Berber Pendulum”, che dichiara le remote ascendenze nordafricane del protagonista.
Analoghe radici maghrebine denuncia il battito incalzante di “Tentacle Daemon”, la cui cupezza claustrofobica ha forse a che fare con l’angosciante contesto della quarantena nel quale Asa Nisi Masa è stato ultimato: ulteriore sfumatura in un affresco sonoro complesso e avvincente che attesta la raggiunta maturità di chi ne è artefice, al pari di Lorenzo Senni e Caterina Barbieri apprezzato ambasciatore del made in Italy nel panorama odierno della musica elettronica.