Il gospel distopico dei Mourning [A] BLKstar

The Cycle è il doppio album del collettivo di Cleveland MAB, tra jazz, soul e afrofuturismo politico

Mourning [A] BLKstar
Disco
pop
Mourning [A] BLKstar
The Cycle
Don Giovanni Records
2020

«Mourning [A] BLKstar è un collettivo di musicisti, scrittori e artisti formatosi a Cleveland, Ohio. In dialogo con le tecniche di produzione dell’hip hop e la strumentazione suonata dal vivo, siamo i testimoni dei cammini e dei ritmi che hanno sostenuto la Diaspora Africana e altro ancora». Questa affermazione, unita al ricordo del bel disco dello scorso anno, Reckoning, aumenta ulteriormente il mio desiderio di affrontare i 18 brani che compongono The Cycle (malgrado la mia ritrosia verso i dischi che superano i 45 minuti).

– Leggi anche: La protesta nera in 10 canzoni (più 2)

Mossa azzeccata: questa è veramente “musica della comunità” che fa parlare chiunque e spazza via sentimenti e idee non appena sono espressi, che non si fa problemi a fondere politica, sesso e sociale non solo in una singola canzone ma spesso nello spazio di un singolo verso, un singolo coro, una singola linea.

 «Sono le canzoni di una diaspora apocalittica» – RA Washington

Formatisi nel 2016, i MAB, guidati dal produttore RA Washington, hanno dato vita a tre album prima di The Cycle, tre invettive contro i peggiori impulsi della società statunitense che, allo stesso tempo, evidenziavano l’esperienza afro-americana dalla loro prospettiva eclettica. 

Questa attitudine continua anche nel nuovo lavoro, concepito nel corso degli ultimi tre anni quando, ogni mercoledì, il collettivo, composto da otto musicisti, si è ritrovato dopo l’orario di chiusura nella vetrina di un negozio di Lorain Avenue a Cleveland per comporre e provare nuovo materiale, con i passanti che si fermavano per ascoltare o ballare.

E allora partiamo per questo viaggio afro-futurista: nell’introduzione di “Devil Get behind Me” si sente la voce di Fred Hampton, l’attivista del Black Panther Party ucciso dall’FBI nel 1969, che proclama «il razzismo è una scusa usata per il capitalismo». Queste parole rendono bene l’idea del contenuto di questo progetto, un ritratto di un’America che continua a essere crudele verso i suoi cittadini neri, spesso lasciati indietro. Le poche canzoni d’amore non fanno nulla per ammorbidire il messaggio: sembra di essere nei romanzi di James Baldwin, i cui protagonisti combattono in un ambiente ostile.

Percussioni in loop uscite direttamente dagli anni Novanta e lampi noise fanno da supporto a fraseggi intricati di fiati e alle interazioni tra le voci di James Longs, Kyle Kidd e LaToya Kent. I brani migliori – “Sense of an Ending”, “Be”, “The Wants”, “Mist::Missed”, “Whom the Bell Tolls, “Holds” – ci trasportano in un universo sonoro in cui è facile perdersi, un tributo alla storia del soul mentre si cerca di immaginarne il futuro.

«È una sorta di disco gospel distopico» - All Songs Considered, NPR Music

Come già detto, siamo di fronte a un album doppio e francamente tre o quattro canzoni sono di troppo, ma è una pecca di poco conto. Visti i tempi che stiamo vivendo, The Cycle ha anche il grande pregio di essere attualmente opportuno.

Se hai letto questa recensione, ti potrebbero interessare anche

pop

La prima da solista di Kim Deal

Nobody Loves You More è il primo album dell’icona femminile dell’indie rock statunitense

Alberto Campo
pop

L'album di famiglia di Laura Marling

Il nuovo disco della cantautrice inglese Laura Marling nasce dall’esperienza della maternità

Alberto Campo
pop

Godspeed You! Black Emperor: un requiem per Gaza

Il nuovo lavoro della band canadese è ispirato al dramma del popolo palestinese

Alberto Campo