Giù le mani da Moodymann!
Il nuovo disco di Moodymann, Taken Away, parte da un fatto vero, e risuona in maniera sinistra con la morte di George Floyd
A un anno di distanza dal precedente Sinner ecco il nuovo lavoro di Kenny Dixon Jr., meglio conosciuto come Moodymann, uno dei guru della deep house di Detroit: Taken Away, ispirato da un fatto realmente accaduto, conferma ancora una volta che le produzioni di Moodymann sono una garanzia di qualità elevata.
Taken Away, “portato via”: lo scorso anno Moodymann era in un furgone posteggiato davanti alla sua abitazione quando, facendo seguito a una telefonata in cui qualcuno parlava di “comportamento sospetto”, la polizia intervenne in maniera violenta, lo arrestò e lo portò in commissariato. Per fortuna la vicenda si concluse senza conseguenze gravi, a parte l’umiliazione e la rabbia per essere stato “portato via” solo per il fatto di essere afro-americano.
Il caso ha voluto che il disco uscisse pochi giorni prima della terribile vicenda di George Floyd, fermato e ucciso a Minneapolis durante un’esibizione di forza spropositata e totalmente immotivata dalle circostanze del poliziotto Derek Chauvin – nomen omen –, uno che aveva già ricevuto una decina di denunce per comportamento violento.
«Negli Stati Uniti essere uccisi dalla polizia è una delle principali cause di morte per i giovani afro-americani» - The Los Angeles Time
Questa volta, oltre al licenziamento, sono scattate le manette, grazie soprattutto al video girato da una coraggiosa passante che ha fissato quei lunghissimi, terribili otto minuti in cui il ginocchio di Chauvin premeva con tutto il suo peso sul collo di Floyd impedendogli di respirare – “I can’t breathe” -, video che ha rapidamente fatto il giro del mondo e scatenato un’ondata di rivolte, inevitabilmente anche violente ma, come disse Martin Luther King, «la rivolta è il linguaggio di quelli che non sono ascoltati», non solo a Minneapolis ma anche in altre parti degli Stati Uniti.
«Il razzismo non sta peggiorando, la differenza è che adesso viene filmato» - Will Smith
Sì, ma Trump in tutto ciò? Leggetevi il suo tweet in cui definisce “criminali” i manifestanti e minaccia l’uso delle armi contro di loro. Un Presidente che minaccia di far sparare l’Esercito contro i suoi concittadini...
Dopo questa doverosa introduzione, torniamo al disco di Moodymann, meno leggero rispetto a Sinner, come se a volte il dolore prendesse il posto del divertimento.
Si parte in maniera clamorosa: “Do Wrong” ha un groove P-Funk costruito utilizzando un campionamento di “Love and Happiness” di Al Green e il risultato è un midtempo di quattro minuti e mezzo che costringe ad ascolti ripetuti, musica blacker than black. Il brano è riproposto alla fine del disco in uno skate edit –dovete sapere che Moodymann, appassionato di rollerskating, è un collaboratore dell’evento Soul Skate.
Seconda mazzata: nella title-track compare la voce di Roberta Flack – “Lord, if you take him away, I don’t want to live another day” -: “take away”, “taken away”, quelle sirene della polizia e quel groove assassino che solo Detroit può immaginare…
“Goodbye Everybody” e arriva la voce del bluesman Lowell Fulson catturata da “Prison Bound” – scelta non casuale, visto quanto scritto all’inizio – con l’accompagnamento di campane fuori tono e l’immagine di Erykah Badu che sovrasta e approva. “Just Stay a While” è un pezzo che trasuda umidità, con quel basso scoppiettante che detta un beat elettricamente instabile che ricorda l’illuminazione dentro una stanza per gli interrogatori.
Groove vellutati e sornioni che cambiano improvvisamente direzione malgrado l’assenza di segnaletica stradale, ripetizioni che lavorano sull’accumulo per creare qualcosa di nuovo che appare ma in realtà non esiste: venticinque anni di carriera non sono passati invano, Moodymann conosce tutti i trucchi, li impiega nella maniera dovuta e ancora una volta fa centro.
In un periodo di mascherine sul naso e sulla bocca e di ginocchi sul collo questo disco avanza una sola richiesta, che è poi anche la nostra: lasciateci respirare.