In coincidenza con la scomparsa di Krzysztof Penderecki, il più grande compositore polacco del secondo Novecento, due interessanti uscite discografiche riportano l’attenzione alla sua produzione musicale, più in particolare quella sinfonica e concertistica. Opere che definiscono il perimetro di un catalogo musicale molto ampio e sfaccettato, capace di nutrire un profondo rapporto con la tradizione.
Penderecki: The Orchestral Works (2020)
Edito dall’etichetta CD Accord Music Edition, Penderecki: The Orchestral Works (2020) accoglie la prima incisione assoluta della Sesta Sinfonia oltre al Concerto per clarinetto, archi, percussioni e celesta.
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Più che alla forma classica della sinfonia, Penderecki sembra qui riferirsi piuttosto al modello sinfonico del ciclo Das Lied von der Erde di Mahler, con il quale condivide la fonte letteraria e l’utilizzo di una voce solista, in questo caso il baritono. Diversamente dalle altre sue Sinfonie, otto in tutto, la Sesta di Penderecki si distingue inoltre per un organico orchestrale più contenuto, così come la durata dell’intera opera. I singoli movimenti sono stati sostituiti da otto Lieder basati su antichi testi di autori cinesi, nella traduzione tedesca curata da Hans Bethge nel libro Il flauto magico, dal quale attinse lo stesso Mahler.
Il contesto sonoro che accompagna questi canti non si esprime nelle massicce sonorità comuni ad altri lavori di Penderecki, ma nella ricerca di un rinnovato grado di intimità che collega un Lieder all’altro attraverso un intermezzo affidato alla delicata voce dell’erhu, strumento tradizionale cinese qui suonato da Joanna Kravchenko. Alla Polish Chamber Philharmonic Orchestra Sopot, diretta da Wojciech Rajski, si unisce infine il baritono Stephan Genz, acclamato interprete del repertorio liederistico.
Il Concerto per clarinetto, archi, percussioni e celesta (1997) è la trascrizione dell’autore del Concerto per viola (1984). L’operazione rivela un altro aspetto della produzione di Penderecki, la trasposizione di alcune partiture a un differente organico, quasi a voler ridare nuova linfa all’idea originale oltre che ad assicurare all’opera una rinnovata e più ampia diffusione. Dalla viola al clarinetto, con un passaggio che ricorda alcune scelte di Brahms, il Concerto è qui interpretato con vivo trasporto da Andrzej Wojciechowski, apprezzato solista e clarinetto principale della Polish Baltic Philharmonic di Danzica.
Penderecki Horn and Violin Concertos (2020)
Una seconda uscita (per LPO - London Philarmonic Orchestra) raccoglie invece due registrazioni dal vivo effettuate tra il 2013 e il 2015 al Southbank Centre di Londra con la London Philharmonic Orchestra diretta dallo stesso Penderecki, a eccezione del Concerto per violino. Con un forte riferimento alla storia della musica, apre il CD “Winterreise”. Ma il titolo del Concerto per corno di Penderecki, scritto appositamente per il cornista croato Radovan Vlatković, sembra più teso a inquadrare un periodo particolarmente intenso per l’autore, caratterizzato da ripetuti spostamenti. Un “viaggio d’inverno” che avrebbe dunque poco da spartire con il ciclo liederistico di Schubert, ma decisamente molto di più con il corso delle stagioni e della natura, elementi vitali per l’opera e la personalità di Penderecki.
“Adagio” per archi è la trascrizione del terzo movimento della Terza Sinfonia, la cui gestazione durò ben sette anni. Nell’attesa l’autore riuscì addirittura a terminare e a far eseguire la Quarta e la Quinta Sinfonia, prima che la Terza potesse venire alla luce. A tal proposito, non bisogna dimenticare che nel catalogo di Penderecki gli archi ricoprono un ruolo fondamentale. Alcune delle sue composizioni e trascrizioni più importanti, e “Adagio” è uno degli esempi più alti, sono state realizzate proprio per questo organico. Il violino rappresenta infatti lo strumento prediletto da Penderecki sin dalla giovane età, quando il futuro compositore sognava di diventare un gran virtuoso. Un desiderio che nel tempo si è riversato in diversi lavori dedicati allo strumento e che in questo disco si concretizza nel Primo Concerto per violino, scritto nel 1976 per Isaac Stern e qui interpretato dal violinista ungherese Barnabás Kelemen, mentre per questo brano l’orchestra è diretta da Michał Dworzyński, già collaboratore di Valery Gergiev e Sir Colin Davis.
Il disco si chiude con “Threnody to the Victims of Hiroshima”, il capolavoro per 52 archi che portò Penderecki alla ribalta internazionale e alla grande popolarità, alimentata anche grazie all’inserimento di questo brano in diversi film, a cominciare da Shining di Stanley Kubrik.