Maria Mazzotta, voce del Sud
Amoreamaro è il nuovo, splendido lavoro della cantante Maria Mazzotta, già con Canzoniere Grecanico Salentino
In questi giorni Maria Mazzotta avrebbe dovuto essere in tour con il suo compagno d’avventure – il fisarmonicista pugliese di origini malgasce Bruno Galeone, anche abile pianista – a presentare il nuovo, possente Amoreamaro. Sappiamo come sono andate le cose: la musica dal vivo tra parentesi, rinviata a data destinarsi. Almeno recuperiamo gli ascolti su disco, un modo per mettere, metaforicamente, fieno nella cascina della cultura, e avere le orecchie allenate per quando si potrò tornare a respirare la musica senza mascherine e disinfettanti.
Maria Mazzotta è una delle voci più potenti ed espressive del nostro Sud, che molti ricorderanno per le belle avventure palpitanti maturate in un lustro con il Canzoniere Grecanico Salentino, o per le successive vicende in duo con il violoncellista albanese Redi Hasa.
Nuovo Canzoniere Grecanico Salentino
Amoreamaro oltre che dell’apporto sostanziale di Galeoni si avvale anche, in un brano, dell’aiuto del percussionista Bijan Chemirani, e nella title track del didjeridoo di Andrea Presa. La scelta dei dieci brani, due di composizione, quattro di tradizione riarrangiata, gli altri d’autore ma con evidenti, sostanziali radici in vari repertori orali è quella suggerita dal titolo del disco: l’amore, declinato più sul filo delle inevitabili disarmonie che azzoppano gli entusiasmi che sulla celebrazione della felicità.
La vocalist pugliese ha attacco perentorio, un vibrato controllato alla perfezione, una luminosità rotonda nel timbro che spesso piega sapientemente verso una sorta d’improvvisa e ruvida asprezza: risorse espressive che vengono da una lunga pratica. Mazzotta qui canta in pugliese, in siciliano, in sardo, in romanesco: scorrono "No potho reposare","Lu pisci spada" di Modugno, La superba "Rosa canta e cunta" della Balistreri, gli stornelli sapidi di "Vorrei volare".
Le punte emotive sono forse da rintracciare in "Scura maje", cinque minuti serrati e duri dalla tradizione abruzzese che ricordiamo ripresi anche da Nino Rota per Film d’amore e d’anarchia di Lina Wertmüller, nell’ormai lontano 1973, e nel brano che intitola, un canto “a picco” di drammatica intensità retto dal bordone implacabile del didgeridoo, e che a metà dello svolgimento diventa una disperata, travolgente, surreale pizzica trance. Parte del ricavato a Save the Children: un motivo in più per procurarselo.