Tutte le cicatrici di Ben Watt
Storm Damage è il quarto album da solista di Ben Watt, giunto dopo un periodo particolarmente doloroso dal punto di vista personale
Da 38 anni una regola mi accompagna: tutto quello che esce a nome Everything But The Girl, Tracey Thorn e Ben Watt merita attenzione. Tutto cominciò durante le feste natalizie del 1982 quando nel negozio della Virgin in Oxford Street a Londra comparve una pila di dischi intitolati Pillows & Prayers, raccolta dell’etichetta Cherry Red in vendita al prezzo di 99p – il costo di un 7' – che contribuì a proiettarla al primo posto nella UK Indie Chart per ben 19 settimane. Bene, oltre a brani dei Felt, degli Eyeless in Gaza, dei Passage e dei Monochrome Set, c’erano canzoni dei già citati Thorn, Watt e EBTG, e anche delle Marine Girls, il gruppo originario della Thorn, abbandonato per seguire gli studi universitari a Hull, dove conobbe Ben Watt, dando inizio a un sodalizio sentimentale e artistico che dura tutt’ora.
«Sono tornato a Hull nel 2017 e sono rimasto colpito dall’ottimismo per il fatto che quell’anno la città fosse Capitale della Cultura, ma ero anche commosso dalle evidenti cicatrici procurate dall’austerità economica e dai miei ricordi personali del posto»
La vita non è stata gentile con Ben Watt: prima una rara malattia auto-immune da cui è guarito grazie a cure che l’hanno devastato, e poi la morte di un fratello e di una sorella. Tutto questo, insieme all’incazzatura per la Brexit, la vittoria elettorale di Boris Johnson e la preoccupazione per il mondo in cui i suoi tre figli dovranno vivere, ha lasciato in lui cicatrici profonde che trovano riflesso nella scrittura delle canzoni che compongono Storm Damage.
«La gente dice di vivere il momento ma a a volte il momento sembra così limitato» - "Balanced on a Wire"
Le canzoni spesso rispecchiano le sue fragilità, ma anche la sua risolutezza nell’affrontare le avversità. “Retreat to Find” analizza la difficoltà del lutto con immagini musicali evocative ma, attraverso l’oscurità prevalente, Watt non perde il suo approccio positivo e il suo tono discorsivo, quasi che stesse cantando a casa nostra.
In un brano, alla chitarra e voce, compare anche Alan Sparhawk dei Low, la deliziosa “Irene”, racconto bittersweet di una rockstar in là con gli anni che torna a esibirsi nel club dove ha avuto origine la sua carriera.
I Low saranno la prossima Tradizione Americana
“Summer Ghosts” ha sonorità che si avvicinano a quelle dei Massive Attack del periodo Protection e nasce da un racconto fattogli una sera dal musicista John Grant, secondo cui la tradizione giapponese vuole che i fantasmi appaiano in agosto e non siano da associare all’inverno, come vuole quella occidentale: una canzone sulla difficoltà di scacciare il passato, su come avvenimenti accaduti anni fa siano ancora in grado di sconvolgerci.
L’album si chiude con “Festival Song”, descrizione di un concerto visto dal palco, “15.000 persone su questa spiaggia mentre tengono alti i loro telefoni nel buio, mi sento confuso dentro per colpa di questa cassa di birra, dando un tiro di sigaretta dopo dieci anni” e poco dopo “Ho perso tutti gli amici ore fa ma ho danzato e bevuto con molte più persone che non conoscevo”.
Storm Damage ci restituisce l’immagine di un artista evidentemente acciaccato dagli eventi ma in grado di dimostrare il potere terapeutico della creazione musicale, indispensabile per tenere a bada i suoi demoni. Parlandoci delle sue debolezze e delle sue incertezze, Ben Watt è riuscito, con l’ausilio di chitarra, tastiera, contrabbasso, batteria e una spruzzata di elettronica, nell’impresa di realizzare un album delizioso.