Quando basta un sì
All’Aténée di Parigi la Compagnie Les Brigands e il Palazzetto Bru Zane riportano in scena con grande successo l’operetta “Yes!” di Maurice Yvain
L’operetta è diventata da qualche stagione parte integrante della missione del Palazzetto Bru Zane, oramai non più limitata al secolo romantico, del quale l’accezione è sempre stata molto estensiva. Se i “Bouffes” con le loro gemme nascoste degli operettisti maggiori e soprattutto minori del XIX secolo sono diventati un’attività stabile dell’offerta musicale del Bru Zane nella capitale francese oltre che in numerose altre piazze internazionali, ai recenti successi di Hervé (Les Chevaliers de la Table Ronde e Mam’zelle Nitouche) e ovviamente di “sua maestà” Jacques Offenbach (Madame Favart), con Yes! di Maurice Yvain ci si spinge ancora oltre le esperienze sentimental-crepuscolari di André Messager testimoniata dalla recente ripresa di Fortunio all’Opéra Comique. Siamo infatti negli anni fra le due guerre mondiali, nel pieno dei “ruggenti anni Venti”, di cui il compositore Maurice Yvain incarna pienamente lo spirito: formazione classica al Conservatorio di Parigi, ma precoce e decisa preferenza per i cabaret (farà i suoi primi passi come accompagnatore al Quat’-z-arts di Montmartre) e i casinó, nella fattispecie quello celebre di Montecarlo, e poi il Casino de Paris degli anni del jazz e delle riviste di Mistinguett e di Maurice Chevalier.
Nel mondo variegato e vitale de “les années folles” affonda le radici il lavoro di Maurice Yvain andato in scena per la prima volta e con grande successo al Théâtre des Capucines nel 1928. Tratto dal romanzo Totte et sa chance di Pierre Soulaine pubblicato solo l’anno prima, il testo, vivacissimo, è firmato da René Pujol, destinato a diventare prolifico sceneggiatore e regista (ma sarà Richard Pottier nel 1942 a firmare la regia di Défense d’aimer, versione cinematografica dell’operetta). Il gusto è quello della farsa alla Feydeau, debitamente aggiornata, fatta di molti equivoci e soprattutto tradimenti coniugali, matrimoni per finta (che poi diventano per davvero) e lotta di classe fra le lenzuola domestiche e non. Protagonista di Yes! è Maxim Gavard, unico rampollo del ricco industriale René Gavard, il re del vermicello, destinato a un matrimonio di interesse con la ricchissima ereditiera di Valparaíso, Marquita Negri. Deciso a contrastare i piani del padre, Maxim segue l’amichevole consiglio della coppia amica dei de Saint-Aiglefin e combina una fuga d’amore a Londra e matrimonio con l’umile manicure Totte, che in inglese sa dire solo “yes” ed è quel che basta a mettere in moto la frenetica sarabanda. La donna accetta senza esitazione, sciogliendo rapidamente il fidanzamento col parrucchiere Roger. Due mesi dopo le cose cambiano: Maxim si è innamorato davvero di Totte e il padre René ha sposato lui stesso Marquita, autentica divoratrice di uomini, pur mantenendo il proposito di rompere il ridicolo matrimonio del figlio e affibbiargli l’ereditiera a ogni costo. Il debole Maxim accetta l’imposizione paterna e fugge con l’antica amante, Lucette de Saint-Aiglefin, mentre Totte fa credere di avere un amante nel vecchio fidanzato Roger (divenuto nel frattempo cantante di successo con lo pseudonimo di Régor). D’obbligo il finale con la ricomposizione delle coppie scoppiate (Maxim e Totte, i de Saint-Aiglefin) e divorzio del tycoon, che concede la miliardaria fedifraga compulsiva al fedele servitore César, candidato comunista non eletto ma dalle comprovate capacità amatorie.
Una farsa, dunque, nella migliore tradizione francese, alla quale le canzoni di Maurice Yvain con i testi del fedele Albert Willemetz regalano i variegati colori del tempo grazie a una eteroclita tavolozza fatta di jazz e varieté ma non del tutto estranea alla tradizione operettistica rivisitata in spiritosi ensemble con surreale gusto offenbachiano. Annotava nelle sue memorie Maurice Yvain: “Yes! era stata pensata per due pianoforti … Due virtuosi, Léon Kartun e Raffit, furono gli artefici del grande successo di Yes!” Nella versione curata dalla Compagnie Les Brigands e andata in scena per tutte le feste di Natale nel minuscolo e prezioso scrigno del parigino Athénée, artefici del successo sono senza dubbio i tre formidabili polistrumentisti, sempre in scena ammiccanti e complici (quasi) silenziosi, Paul-Marie Barbier al pianoforte e vibrafono, Thibault Perriard alle percussioni e pianoforte (e chitarra quando serve) e Matthieu Bloch al contrabbasso. Ma non è certo da meno l’elettrizzante prova di tutti gli interpreti in scena, dalla coppia dei tormentati protagonisti Célian d’Auvigny (Maxime) e Clarisse Dalles (Totte), al burbero e mussoliniano tycoon dell’estrosissimo Éric Boucher, ai benpensanti Anne-Emmanuelle Davy e Gilles Bugeaud (de Saint-Aiglefin), fino agli scatenati ma sempre con gusto caratteristi di Emmanuelle Goizé (Marquita Negri in versione principessa Inca insaziabile), Mathieu Dubroca (César), Flannan Obé (estrosissimo Roger/Régor) e Caroline Binder(Loulou e Clémentine).
Lo spettacolo tutt’altro che ricco di mezzi – le scene di François Gauthier-Lafaye sono a dir poco essenziali come i costumi assemblati con gusto d’epoca di Benjamin Moreau – come si conviene a una compagnia di giro ma ricchissimo di ritmo e di trovate grazie alla riuscita regia del duo Vladislav Galard e Bogdan Hatisi.
Grande divertimento in sala, applausi scroscianti alla fine per tutti i bravi interpreti.
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