Se si parla di opera lirica nel 2019, non ci sono solo Verdi e Puccini: anche in Italia finalmente i teatri si muovono e allargano sguardo e repertori a titoli meno consueti. La buona notizia è che il pubblico risponde. Al di là delle Alpi sembrano dissolversi gli eccessi iconoclasti di qualche stagione fa e si punta piuttosto a far dialogare l’opera con altri mondi quando non a una rinnovata classicità, che coinvolge anche la produzione contemporanea. Il meglio dell'opera lirica dell'anno appena passato, il “best of” dell'opera 2019 con i 10 spettacoli da ricordare e – magari – da riscoprire.
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LE 10 MIGLIORI OPERE LIRICHE DEL 2019
I 10 MIGLIORI CONCERTI DI CLASSICA DEL 2019
1. Opéra national de Paris, Les Indes galantes di Jean-Philippe Rameau
L’idea nasce da un video che l’Opéra de Paris commissiona a Clément Cogitore. Il risultato fa sensazione e Cogitore prova a far vivere Les Indes galantes all’Opéra Bastille. Questa strana opera sull’amore nei quattro continenti rivive grazie all’energia dei breakdancer delle periferie parigine. Se inclusione è la parola che meglio definisce il futuro dell’opera, questo Rameau è il futuro.
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2. Opera di Roma, L’angelo di fuoco di Prokof’ev
Da qualche stagione l’Opera di Roma ha deciso di rompere con le abitudini e di allargare il repertorio molto asfittico dei teatri nostrani. Il quasi sconosciuto Angelo di fuoco di Sergej Prokof’ev è un grande successo grazie alla felice scelta di una regista viscerale come Emma Dante che non si spaventa a entrare nelle zone piò oscure e a trasformarle in teatro di questa storia sulfurea e di un giovane direttore come Alejo Pérez che sa tirare fuori il meglio dalle masse artistiche del teatro.
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3. English Baroque Soloists & Monteverdi Choir, Semele di Georg Friedrich Händel
La formula è la stessa dello straordinario triplo Monteverdi del compleanno numero 450. John Gardiner torna a Händel e porta in tour sulle scene non necessariamente teatrali della Philharmonie di Parigi, del Palau de la Música di Barcellona, dell’Alexandra Palace di Londra, del Teatro alla Scala di Milano e dell’Auditorium Parco della Musica di Roma una teatralissima Semele. Il teatro è tutto nella musica degli English Baroque Soloists, del Monteverdi Choir e del cast assemblato con mano felice da un grande Maestro che di questa musica conosce ogni segreto.
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4. Teatro alla Scala (Milano), Die ägyptische Helena di Richard Strauss
«C’è lavoro da fare sul repertorio e abbiamo cominciato. È troppo disperso e bisogna rimetterlo al centro perché in fondo non è una vittoria eseguire un pezzo esotico se riempie il teatro solo al 60%». Così parlò Dominique Meyer. Nell’attesa del grande repertorio che verrà, l’uscente Alexander Pereira regala una gemma rara al pubblico scaligero che non l’ha mai vista nella sala del Piermarini: Die ägyptische Helena, ultimo prodotto, non troppo perfetto, della premiatissima ditta Strauss&Hoffmanstahl. Soprattutto l’orchestra della Scala è perfetta sotto la guida esperta di Franz Welser-Möst.
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5. Lucerne Festival, Le nozze di Figaro – Don Giovanni – Così fan tutte di Wolfgang Amadeus Mozart
Piaccia o non piaccia, Teodor Currentzis e i suoi favolosi russi di musicAeterna riescono sempre a trasformare le loro esibizioni in eventi. Questa volta l’evento è a Lucerna, che chiude il suo festival estivo con una quattro giorni mozartiana. Il segno direttoriale è estremo come quello di chi non vuole certo compiacere ma provocare e sorprendere l’ascoltatore. Le sorprese non mancano nemmeno in un cast assemblato fra cantanti fedeli e voci collaudate al battesimo currentzisiano (fra cui la star Cecilia Bartoli) tutti pronti a salire sull’ottovolante del direttore più mediatico del momento.
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6. Salzburger Festspiele, Orphée aux Enfers di Jacques Offenbach
Secondo il dizionario Treccani «osceno» è qualcosa «che offende gravemente il senso del pudore, soprattutto per quanto si riferisce all’ambito della sessualità». Nessun dubbio: l’Offenbach secondo il geniale Barrie Kosky è osceno. Orphée aux Enfers non si era mai visto a Salisburgo e ci arriva per la prima volta con tutta la ruvidezza e la causticità delle origini. Sempre secondo il dizionario «osceno» vuol anche dire «spiacevolmente brutto, o privo di gusto, tanto da costituire quasi un’offesa al senso estetico». Qualcuno si offende davvero ed è subito #BodyShaming. L’omaggio più sincero fra i molti modesti messi in piedi per festeggiare il bicentenario del diabolico operettista del Secondo Impero.
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7. Festival della Valle d’Itria, Ecuba di Nicola Antonio Manfroce
Finora ci si doveva fidare della parola di Rossini che parlò di Nicola Antonio Manfroce come di un temibile e geniale concorrente, se non fosse scomparso a soli 22 anni. Di lui nei libri si ricordava solo l’Ecuba, e magari nelle note a pié pagina. Se non sarà più così va reso merito al Festival di Martina Franca, che ne ha fatto il suo spettacolo di punta nella scorsa estate, nonostante una gestazione un po’ difficile. È un gran successo per la “tragédienne” Carmela Remigio, per la classe inossidabile di Pier Luigi Pizzi e la direzione musicale di Sesto Quatrini.
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8. Royal Opera House (Londra), La forza del destino di Giuseppe Verdi
Da sempre l’opera è (anche) affare di divi. La Royal Opera House di Londra per l’“innominabile” verdiana riesce a mettere insieme i divi più divi del nostro tempo: Anna Netrebko e Jonas Kaufmann. Biglietti introvabili e prezzi… alle stelle! Non è solo questione di ugole però, perché sul podio c’è Antonio Pappano, un direttore vero che Verdi lo conosce, mentre sulla scena torna la produzione pensata da Christof Loy, regista che riesce a far sposare la tradizione con l’ingegno.
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9. Deutsche Oper (Berlino), Oceane di Detlev Glanert
Non apre territori nuovi né esplora linguaggi inediti però Oceane di Detlev Glanert da un racconto incompiuto di un classico come Theodor Fontane fa vibrare le corde emotive come l’opera è riuscita a fare nella sua storia più grande. Un autentico trionfo è il riconoscimento più bello per un autentico artigiano (nel senso più alto) del genere operistico per il quale ogni lavoro è una dichiarazione d’amore pr un genere che ha ancora molto da raccontare.
10. Théâtre de la Monnaie (Bruxelles), La favola dello zar Saltan di Nikolaj Rimski-Korsakov
Dmitri Tcherniakov ne azzecca una su tre, ma il suo allestimento della Favola del re Saltan è di quelli riusciti. Funziona il doppio livello della favola, che poi è la realtà trasfigurata nella quale vive l’infelice figlio autistico della principessa Militrisa. Complesso ma efficace soprattutto nell’aprire a molteplici letture la favola di Rimski-Korsakov, restituita all’incanto infantile dai fantasiosi costumi di Elena Zaytseva. A far volare il calabrone tocca al direttore musicale della “maison”, Alain Altinoglu, che riesce (e benissimo) nel miracolo.
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