Desdemona preferisce il musulmano

L’Otello di Gioachino Rossini nell’allestimento di Damiano Michieletto apre la stagione dell’Oper Frankfurt

Frankfurt am Main, Opernhaus - Otello
Recensione
classica
Frankfurt am Main, Opernhaus
Otello
22 Settembre 2019 - 20 Ottobre 2019

Indovina chi viene a cena? Lei è la figlia di un ricco commerciante, amico di politici influenti, destinata in sposa al figlio di un politico potente. Ma il padre non sa che lei ha promesso il suo amore a un uomo di affari arabo, devoto ai dettami dell’Islam. E inevitabilmente scoppia lo scandalo. 

È la tragedia di Otello proiettata sulle coordinate di un interno altoborghese contemporaneo (o quasi) secondo Damiano Michieletto, regista della produzione firmata nel 2016 per il Theater an der Wien e ripresa dall’Oper Frankfurt per l’apertura della sua nuova stagione d’opera. Si tratta della versione della tragedia shakespeariana nella traduzione italiana dell’adattamento francese del 1792 di Jean-François Ducis ridotto in libretto d’opera da Francesco Maria Berio di Salsa per l’opera di Gioachino Rossini.

Nei vari passaggi la statura eroica del Moro di Venezia esce molto ridimensionata in un plot che concede moltissimo alle convenzioni melodrammatiche oltre che alle ragioni contingenti della scena napoletana del 1816, data della prima, con due primi tenori rivali da non scontentare, Andrea Nozzari e Giovanni David, e una primadonna, Isabella Colbran, da non mettere troppo in ombra. Che nell’opera rossiniana Otello sia un eroe della Serenissima poco importa, così come anche la gelosia che devasta la sua anima ha meno rilievo in questa versione: motore della trama è soprattutto la marginalizzazione dell’“Afro insultator”, “dell’Africa rifiuto”, che osa mettere le mani su una donna estranea al suo mondo, e il femminicidio non è che la tragica rivalsa del reietto su una donna che esita a chiudere con il suo mondo. 

Pertinente, dunque, l’attualizzazione di Michieletto, che sviluppa la vicenda con un avvincente senso del racconto e un efficace impatto drammatico nei due ambienti disegnati dal fedele Paolo Fantin: un salone con pareti di marmo e un grande lampadario di cristallo e un salottino dominato dal grande dipinto di Gaetano Previati con Paolo riverso sul corpo di Francesca, trafitti entrambi dalla stessa spada, sinistro presagio del destino tragico dei due amanti. Non mancano però le sbavature, e sono parecchie, come nel ritratto dell’invadente Jago, esageratamente (e ridicolmente) demoniaco, più prossimo nello spirito a Shakespeare (e Verdi) che a Rossini, che insozza del suo fango gli eleganti convitati di Elmiro nel confusissimo finale primo.

Artificioso e troppo insistito è anche il parallelo fra Otello e Desdemona con Paolo e Francesca, che prendono vita e entrano in scena a più riprese negli snodi del dramma, per tacere delle drammaturgicamente futili relazioni occulte, appena suggerite, fra Rodrigo e Jago e fra Desdemona e Emilia. Suicidio di Desdemona a parte, la solita trovata per l’originalità a ogni costo, convince di più invece il finale di forte impatto, con i convitati festanti per le nozze fra Rodrigo e Emilia (qui sorella di Desdemona), rassicurante ricomposizione fra simili, e la disperata solitudine di Otello sul cadavere di Desdemona in proscenio. 

Frankfurt - Otello

A contendersi Desdemona sul palco dell’Opernhaus di Francoforte sono Enea Scala, un Otello fosco nei toni e radioso nello slancio vocale da rossiniano di calibro, e Jack Swanson, un Rodrigo di bambinesco candore ma acrobatico nell’impeccabile tecnica vocale. La donna contesa è Karolina Makuła, Desdemona monocorde e legnosa, che sciupa la grande scena del terzo atto con vocalizzi malfermi e dizione incomprensibile. Lo scenicamente esagitato Jago di Theo Lebow mostra comunque un certo stile sul piano vocale, Thomas Faulkner disegna un efficacemente tracotante Elmiro, Kelsey Lauritano è una frizzante Emilia, Hans-Jürgen Lazar presta soprattutto il corpo a un Doge (qui “homo politicus”) spesso in scena, e Michael Petruccelli è Lucio (qui un medico) vocalmente un po’ approssimativo. Dalla buca, il direttore Sesto Quatrini serve soprattutto le ragioni del (bel)canto e l’eleganza strumentale della scrittura rossiniana più che al suo slancio drammatico. Buona la prova della Frankfurter Opern- und Museumorchester (ottimi soprattutto i legni nei rigogliosi assoli) ma spesso impreciso il Coro dell’Oper Frankfurt

Pubblico numeroso, successo sincero. 

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