Il lato oscuro di Raphael Saadiq 

Jimmy Lee, il nuovo splendido album di Raphael Saadiq, è dedicato a un fratello malato di AIDS e morto di overdose

Jimmy Lee - Raphael Saadiq
Disco
pop
Raphael Saadiq
Jimmy Lee
Columbia
2019

Originario di Oakland e formatosi nel giro di Prince, Charlie Ray Wiggins (questo il vero nome di Raphael Saadiq) fonda con suo fratello D’Wayne e suo cugino Timothy Christian Riley il gruppo Tony! Toni! Toné! che alla fine degli anni Ottanta e all’inizio dei Novanta gode di un grande successo. Dopo lo scioglimento del gruppo avvenuto nel 1996 collabora con D’Angelo e The Roots per poi formare, tre anni più tardi, i Lucy Pearl con Dawn Robinson di En Vogue e Ali Shaheed Muhammad di A Tribe Called Quest.

Il primo dei suoi cinque album da solista, Instant Vintage, ottiene quattro candidature ai Grammy Awards: come dice il titolo, è musica contemporanea ma allo stesso tempo classica, suoni moderni che si fondono con il soul degli anni Sessanta e Settanta con cui Raphael Saadiq è cresciuto (un esempio perfetto di quanto appena scritto è “I’m Feeling Love”, canzone di classe cristallina inclusa nel disco nuovo).

Jimmy Lee, dunque, arriva a otto anni di distanza dal precedente Stone Rollin’; è il disco di un artista che ha avuto molto tempo per riflettere, e il risultato ne è la prova. 

La maggior parte delle canzoni termina bruscamente con un effetto che ricorda quello della radio quando perde la frequenza per poi lasciare il campo alla canzone successiva; come spiega lo stesso Saadiq, l’album è avvolto da un filtro scuro per ricordare tutte le opportunità svanite con la morte: il lavoro è infatti dedicato al fratello di Saadiq, malato di AIDS e morto di overdose.

Sono passati 25 anni e ora Saadiq ha finalmente compreso la gravità di ciò che è successo: Jimmy Lee diventa lo strumento per analizzare le varie sfaccettature della dipendenza, per denunciare come la guerra alla droga abbia colpito soprattutto la gente nera (“Rikers Island”), per dipingere la relazione che si sviluppa tra il consumatore e lo spacciatore (“King’s Fall”) e per confessare che anche lui si è trovato di fronte a un bivio, scegliendo infine di non seguire le orme di suo fratello (“Glory to the Veins”) .

“Il suo cervello pesa almeno una tonnellata, la sua mente è così stressata mentre cerca di essere un re, quando chiunque intorno a lui vede solo il pagliaccio” – "This World is Drunk"   

«Questo disco non è solo su Jimmy Lee, è soprattutto su quelle persone che hanno avuto un Jimmy Lee nelle loro vite, è universale». Se alcuni rapper hanno più volte esplorato il mondo della povertà, della discriminazione e dello spaccio, sono stati molti di meno i cantanti a fare la stessa operazione messa in atto da Saadiq in questo album. Un lavoro scritto prima di tutto per sé, privo di canzoni fatte per essere consumate in veloci passaggi radiofonici e di elementi che rendano l’oscurità generale del disco più accettabile ai palati degli ascoltatori inconsapevoli della storia sottostante.  

“Sono ancora qui conducendo una vita sbagliata, la droga è stata più forte, sono ancora qui sdraiato ma dentro sto morendo” – "So Ready"

Dopo essermi dilungato sulla genesi e sui contenuti di Jimmy Lee, devo aggiungere che il risultato artistico è straordinario, un perfetto riassunto delle capacità artistiche di Saadiq, qui usate per raggiungere nuove vette emotive e tecniche mentre si immerge in abissi che spezzano il cuore.

I primi otto pezzi sorprendono sia per la loro struttura sia per la loro diversità di generi: Stevie Wonder, Prince, Marvin Gaye, Curtis Mayfield, The Isley Brothers, il gospel (in “Belongs to God”, scritta insieme a suo zio, il Reverendo Baker), il funk, il soul, tutto sapientemente mescolato dalla sensibilità artistica di Saadiq, non a caso uno dei produttori più stimati e ricercati della scena black statunitense, uno che ha lavorato con Eryka Badu, Mary J. Blige, Solange e John Legend.

Il disco si chiude con una nota di speranza, ricordando però che la via giusta non è quasi mai quella più facile: “Rearview” ha il compito di mettere insieme le storie individuali con quelle collettive e vede la partecipazione di Kendrick Lamar.

Come spiegato dallo stesso Saadiq, Jimmy Lee è un disco personale che risulta universale, riuscendo a parlare a chi si è trovato a dover fare i conti con una persona amata con problemi di dipendenza. Lo ribadisco: siamo di fronte a un disco magistrale.

“Ringrazio Dio per averci dato questa vita, il giorno in cui sei nato qualcun altro è morto, tutto è nell’amore, tutto è nella vita, la tua vita è nel tuo retrovisore” – "Rearview"

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