Il trionfo dell’amor coniugale sul piacere
Per la prima volta a Copenhagen Il trionfo del Tempo e del Disinganno di Händel in una versione scenica firmata da Ted Huffmann
Allo specchio, la Bellezza si contempla e sa che non durerà per sempre il suo fascino. Il Piacere le promette eterna giovinezza, se lei gli sarà fedele, ma il Tempo e il Disinganno si frappongono rompendo il velo dell’inganno e scoprendo l’amara ed eterna verità. E attorno alla sempre più pensosa Bellezza si scatena la disputa che oppone il Piacere al Tempo e al suo sodale Disinganno. Ma gli effimeri colpi del primo poco possono sulla tetragona verità dei secondi. Tanto più che Bellezza lo rende moribondo con un inatteso colpo di pistola, fuori copione. Eliminato Piacere dalla contesa, Bellezza si rifugia nella consolazione del focolare domestico, abbandonandosi all’abbraccio del coniuge conteplando il sonno dei giovani figli. Con questa licenza “coniugal-domestica” rispetto al testo del cardinale Benedetto Pamphilj, si chiude lo spettacolo che Ted Huffmann ha firmato per il primo allestimento in forma scenica dell’oratorio Il Trionfo del Tempo e del Disinganno di Georg Friedrich Händel a Copenhagen, che va in scena nella storica sala teatrale di Kongens Nytorv mentre nella nuova scena si recupera l’opera del danese Peter Heise.
Come nel recente Rinaldo allestito al Bockenheimer Depot di Francoforte, anche per questo oratorio giovanile händeliano il regista americano firma uno spettacolo dal segno astratto, intonato alla natura del lavoro, nel quale la disputa filosofica si traduce in sofisticati movimenti coreografati da Jannik Elkær. La scena di Andrew Lieberman è fatta di una semplice parete scura in boiserie e un tapis roulant sul quale scorre un interminabile divano in un movimento orizzontale continuo come lo scorrere del tempo. Le belle luci di taglio caravaggesco dello stesso Lieberman danno rilievo ai corpi vestiti dagli abiti scelti da Doey Lüthi – di foggia quotidiana per Bellezza (che è la stessa dei quattro danzatori-figuranti senza volto), tailleur dorato per Piacere e nero ecclesiastico per Tempo e Disinganno – e li dissociano da coordinate realistiche.
Buona nel complesso sebbene avara di colori l’esecuzione degli strumentisti di Concerto Copenhagen, complesso locale con strumenti originali, che vanta una ventennale collaborazione con il Teatro Reale Danese per titoli dal barocco di Monteverdi al Settecento maturo di Mozart. Li guida il direttore artistico del gruppo e cembalista Lars Ulrik Mortensen, che, grazie alle scelte di tempi piuttosto distesi, imprimono all’oratorio un tono severo e meditativo a spese dei brillanti guizzi virtuosistici tipici dell’Händel italiano. Vocalmente diseguali i quattro protagonisti, sui quali si impone per piena padronanza di stile, incisività interpretativa e chiarezza di dizione soltanto il Disinganno di Sonia Prina, un po’ imbrigliata dal passo imposto del direttore. Dal canto suo, Mary Bevan incarna efficacemente soprattutto sul piano fisico la Bellezza, partecipando credibilmente alla coreografia con i quattro bravi danzatori Alexia Nicolaou, Giorgia Reitani, Jeppe Kaas Vad e Jesper Hermansen. La voce, seppure bella, però è fin troppo leggera e tende a sfocarsi nella regione acuta, e anche la tecnica non è del tutto immacolata nei passaggi di agilità. Joshua Ellicott è il Tempo, corretto ma poco personale. Caitlin Hulcup, il Piacere, è la voce più debole in campo, priva di proiezione, impacciata nelle agilità e sommaria sul piano interpretativo.
Qualche vuoto in sala. Pubblico avaro di applausi dopo le arie ma generoso alla fine della rappresentazione.
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