Fontaines D.C., gente di Dublino

Gli irlandesi Fontaines D.C. narratori della nuova Dublino, alla prova del primo album

fontaines d.c.
Disco
pop
Fontaines D.C.
Dogrel
Partisan
2019

Dogrel, l’atteso album d’esordio dei Fontaines D.C. ci porta a zonzo per le vie di Dublino e Grian Chatten, cantante e paroliere del gruppo, novello Joyce, lungo il percorso si toglie qualche sassolino dalla scarpa.

Dogrel, dogrel…dove ho già sentito questo termine? Mi ci vuole un po’ per ricordare ma alla fine i lontani studi di letteratura inglese dimostrano di non essere stati inutili: il dogrel è una forma di poesia storicamente non vista di buon occhio a causa della sua crudezza e della sua licenziosità, una poesia che parla come il popolo e per il popolo. Titolo azzeccato, visto che i cinque membri dei Fontaines D.C., compagni al college, si trovavano al pub per leggere e comporre poesie, le prove generali per quelli che sarebbero diventati i testi delle loro canzoni: Joyce, Yeats, Kavanagh, ma anche i Pogues di Shane MacGowan.

E poi punk e post-punk, i Clash, i Joy Division, i Cure di Seventeen Seconds, i Fall – e lo stile declamatorio di Chatten ricorda a volte quello di Mark E. Smith – ma anche gli Idles e gli Shame

«Dublino sotto la pioggia è mia, una città incinta con una mentalità cattolica» – “Big”

Undici canzoni di cui sette già uscite come singoli (battuto il record di Songs to Remember degli Scritti Politti) e un’hype che circonda il nome del gruppo pari a quello degli esordi degli Strokes e degli Arctic Monkeys: posso capire la delusione di chi già conosceva i singoli ma per chi, come me, non li aveva ascoltati, il risultato finale è notevole.

Testi che non fanno sconti – come scrive Paste Magazine, «non riceveranno mai offerte di lavoro dall’Ente del Turismo irlandese» – e chitarre affilate come rasoi, una base ritmica instancabile e su tutto la voce disincantata di Chatten che descrive la quotidianità dell’altra Dublino, quella distante dagli uffici dei colossi dell’informatica che hanno preso la residenza dublinese per motivi fiscali.

«Arriviamo da Liberties, un posto abbastanza turbolento, ma meno di una volta, proprio al confine dell’area gentrificata. È circondata da una cultura morente che è davvero un’ispirazione potente. C’è disagio, c’è droga, ma allo stesso tempo tutti sono amichevoli. È una combinazione di cordialità e asprezza che alla fine risulta essere di grande ispirazione» – Grian Chattan

Sarebbe sbagliato limitarsi a inserirli nella casella “post-punk”, il loro suono infatti è piuttosto variegato: si passa dal surf rock diretto di “Liberty Belle” al garage rock di “Boys in the Better Land”, dalle ballate con il cuore in mano quali “Roy’s Tune” e la conclusiva (ecco, io avrei chiuso il disco con un’altra canzone) “Dublin City Sky”, dalle chitarre sinistramente rumorose di “Too Real”, una delle vette della raccolta, a quel tour de force con sezione ritmica quasi hard rock e chitarre lancinanti di “Hurricane Laughter”.

Dogrel è il disco appassionato di cinque ragazzi che hanno un sogno e, c’è da scommetterci, faranno di tutto per realizzarlo: del resto sono irlandesi, gente orgogliosa e che non ha paura di niente. D.C., Dublin City.

«La mia infanzia fu umile ma io diventerò un grande» – “Big” 

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