Cecilia conquista Napoli

Recital di Cecilia Bartoli al Teatro San Carlo

Cecilia Bartoli e Les Musiciens du Prince
Cecilia Bartoli e Les Musiciens du Prince
Recensione
classica
Teatro di San Carlo, Napoli
Cecilia Bartoli e Les Musiciens du Prince
08 Marzo 2019

Venerdì 8 Marzo Cecilia Bartoli era insieme all’orchestra Les Musiciens du Prince (Monaco) al Teatro di San Carlo di Napoli. E ogni esecuzione è un'avventura, piacere puro, scuola, riscoperta. Il concerto, attesissimo, era insieme una "emozione" e uno "straordinario": straordinario perché legato all’infinito talento della Bartoli, che domina ogni sfaccettatura della voce e del gesto teatrale; emozione perché condito da echi di lirismo puro e toccante. Il successo al teatro è stato leggendario, con tanto di cinque bis dall’ Alleluia di Mozart alla Tarantella di Rossini, “A facile vittoria” di Agostino Steffani, passando per due classici napoletani, “Santa Lucia” e “Munasterio ‘e Santa Chiara” – standing ovation e continue urla da concerto Pop. A Napoli, Bartoli si è presentata in gran forma e con la giusta energia di chi si esibisce nella città propria dei castrati e del belcanto. Sale sul palco da eroina, abbraccia l’orchestra con la sua voce, alla ricerca di un'essenza sempre sublime e cangiante. L'aspetto centrale dell'arte della favolosa cantante italiana risiede proprio nel suo modo di fare musica: in maniera diretta, con pregevole comunicativa. 

“Quell’augellin”, “Non ti lusinghi la crudeltade”, “Gelosia, tu già rendi”, “Sol da te mio dolce amore” di Vivaldi aprono il concerto, preceduti dall’Allegro della Primavera RV 269,in modo sperimentale e per molti versi teatrale, con accenti incalzanti e tenuti su tempi giusti, nuovi particolari melodici in evidenza, in equilibrio tra virtuosismo barocco e umorismo settecentesco. Subito dopo la voce scivola morbida in “Nobil onda” di Porpora. Spettacolare. Anche l’orchestra, guidata al violino da Andrés Gabetta, svolge le raffinate concatenazioni armoniche che caratterizzano questo repertorio in modo eccellente, mai una sbavatura, mai un'intenzione espressiva o dinamica non riuscita – così come nell’Allegro della Sinfonia N.4 di Boccherini. Il discorso musicale scivola come fossero un unico strumento. Più sobria e pacata la bellissima aria “Voi che sapete” da Le Nozze di Figaro, di magiche invenzioni e di mondi sonori mai visti. In “Parto, parto” da La Clemenza di Tito, la forma sembra trasformata in un incantato virtuosismo tra archi e voce. Non è corretto parlare di virtuosismo, il tutto riesce millimetrico, mai sforzato ma fresco, facile, intangibile alla fatica. Mai un calo di tensione. Bartoli interpreta poi Händel, confidenziale, a tu per tu, come se fosse la prima volta che lo affronta. Dosa la voce distillando una serie di pianissimo, “Lascia la spina”, come sussurri che sfidano l'udito dei più. Controlla ogni volume in “sotto voce” persino nei momenti più esili della scrittura. Qui il percorso della Bartoli diventa un'invenzione originale, a dimostrare che sfuggire le convenzioni e andare al di là della partitura dirige sempre il concerto in luoghi inesplorati. E questo è ciò che il pubblico chiede. 

Al secondo tempo “Assisa a piè d’un salice”, “Deh, calma, O ciel nel sonno”, “Tutto è deserto, un soave non so che”, di Rossini, confermano le emozioni della prima parte. Bartoli e la sua orchestra sono capaci di forgiare ogni tema sull'esaltazione musicale anche di due note, cesellato su effetti mirati, sforzati inaspettati su gesti ritmici caratteristici, su intrecci tra orchestra e voce, che ogni volta esaltano il caleidoscopico virtuosismo delle opere di Rossini. Qui il duetto, con il tenore John Osborn, era su timbri ideali, corposo, brunito, restituiva tutta l'espressività della voce della Bartoli, la sua genialità e bellezza. Tutto il concerto mai su timbro monocorde, mai molle nei tempi, con lunghi fraseggi, e ricco di invenzioni espressive. Conclude “Nacqui all’affanno…non più mesta” da La Cenerentola, e si scardina ogni convenzione di interpretazione, di scansione ripetuta, dove scorre libero il fraseggio creando forme e prospettive mai osate prima, che puntano sempre al sublime riponendo gli schemi e mirando al cuore. Cecilia Bartoli ha portato una ventata di qualità sul palcoscenico del San Carlo, sempre monumentale, sempre geniale. Anche grazie all’appoggio di dodici imprese che hanno consentito di rafforzare il percorso artistico della stagione di concerti 2018-2019, e di amici che la Diva ha pure tanto in città. Pubblico esaltato, insaziabile, tutti applaudono alzandosi in piedi con enorme festa, mentre Bartoli si profonde in inchini. Tutto è musica.  

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