Il rigore del Leo religioso
Napoli: Acciai alla guida di Nova Ars Cantandi
Tra novità e conferme, concerti di ricerca e riprese di titoli capolavoro, tra voci sperimentali e interpreti diventati ormai classici della scena antica e barocca, la Fondazione Pietà de’ Turchini lancia la nuova stagione "Note d'Altrove", in equilibrio tra tradizione e modernità: si parte con Nova Ars Cantandi e Leonardo Leo, in prima assoluta della tournée del disco “Responsoria” uscito lo scorso 21 settembre per Deutsche Grammophon/Universal, diretto dal geniale Giovanni Acciai. Quattro voci splendide, inscalfibili, perfette sul repertorio e dominatrici sonore del suggestivo spazio della Chiesa di Santa Caterina da Siena, sede della fondazione: Alessandro Carmignani controtenore, Andrea Arrivabene alto, Gianluca Ferrarini tenore, Marcello Varghetto basso, sembravano ideati apposta per queste pagine di Leo per l'ufficio divino della settimana santa, a tre secoli di distanza dalla loro creazione. Scavati nella parola con tensione affettiva, e in contrasti che si sprigionano in cadenze sfogate ma centellinate, come in Unus ex discipulis mei, Una hora, e Tenebrae factae sunt. Da un lato, il canto Carmignani, mai corto di fiati, dal timbro soave appena un po’ duro di consonanti; dall'altro il basso Varghetto, coi fraseggi morbidi, di velluto e bravura, e profondi, si, ma solo se previsti. In mezzo: l'alto Arrivabene, attento alle formule della retorica e il tenore Ferrarini di speciale sensibilità e risorse espressive quando dà forma alla voce di Cristo Deusmeus, ut quid dereliquisti me?.
Acciai ha fatto atto di conversione, imponendosi arbitro di un rigore testuale assoluto, nella parola e la sua semanticità: il quartetto di voci in un insieme pastoso, il continuo all'organo Ivana Valotti, meno evidente, e il tutto compatto e sonoro. Leo ritornava a casa come compositore su Sacre Scritture (testi dal tono espressivo elevato che fanno riferimento in maniera allegorica alle pene di Cristo), di originale e inconfondibile magnetismo - dal mercoledì al venerdì della settimana santa fino allo scemare della luce naturale - ancora più enfatizzato dall'estinguersi delle luci della chiesa con il procedere del sevizio liturgico qui in concerto, quello che prese il nome di Officium tenebrarum. Il pubblico stregato dall'incedere quasi arioso delle voci, a tratti cantilenante, commovente e in fase di estremo raccoglimento. Introducevano le letture, una frangia del Gruppo vocale della Pietà de’ Turchini, Luigi Costabile, Giuseppe Di Prisco, Leopoldo Punziano. Mistico in sfondo sonoro, mai una sbavatura nei finali. Con un taglio libero, sviluppato sulla spregiudicatezza dell'ardimento compositivo di Leo, seppur tardo barocco, anche la filologia complessiva dell'opera ricercata da Acciai ne giovava, insieme all'impianto quadripartito (ABCB) dei responsori, evidenziando la libertà dell'invenzione melodica e i momenti di sublime elevazione spirituale. Chi se non la squadra dei Turchini può osare un debutto stagionale così severo, arcaico, filologico. Sembra un paradosso, ma quando si oserà così, in controcorrente ed in maniera inventiva, finiremo per trovarlo una vera rivoluzione.
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