Chi è Yves Tumor?

A due anni di distanza dal precedente Serpent Music, ecco Safe In The Hands of Love dell’enigmatico Yves Tumor, il 3 novembre a Club to Club

Yves Tumor
Disco
pop
Yves Tumor
Safe In The Hands of Love
Warp
2018

Yves Tumor si chiama in realtà Sean Bowie (ma non ne siamo sicuri), non si sa quanti anni abbia (a naso una trentina), è nato a Miami (forse) ma cresciuto in Tennessee, dice di aver abitato per un certo periodo a Torino (la mia città, ma non l’ho mai incrociato). L’unica cosa certa è che a Torino venne lo scorso anno, all’interno di Club to Club (dove tornerà quest'anno), ma io riuscii colpevolmente a perdere la sua esibizione (ma tra un mese conto di rimediare). A ben pensarci la sua riservatezza è molto torinese e allora forse è vero che per un po’ ha abitato sulle rive del Po.

Nero e omosessuale in Tennessee (auguri!), Yves comincia a fare musica all’età di diciassette anni come risposta all’ambiente razzista, omofobo e conservatore, in cui è cresciuto: non ci stupiamo quindi se spesso le sue canzoni ci restituiscono un’immagine così fragile (o, per reazione, così aggressiva) e vulnerabile della sua personalità.Se col disco precedente ce lo ricordavamo alle prese con un genere che si è soliti catalogare come experimental, il nuovo lavoro ci consegna un Tumor più accessibile, pur conservando una marcata ambiguità come cifra stilistica. La sua continua a essere una musica complessa, all’interno della quale è difficile districarsi, ma, a differenza di Serpent Music, questa volta ci sono indicate delle vie  d’accesso al complicato nonché incasinato mondo musicale dell’artista statunitense.

I generi sono mischiati, annullati, ricreati solo per essere nuovamente superati; si passa dal lo-fi boogie alla trap sperimentale, dall’ambient a certe sonorità britanniche in voga negli anni Ottanta, dalla techno analogica di “Honesty” a “Noid”, una delle vette della raccolta, una denuncia della brutalità poliziesca con una struttura che può richiamare alla mente alcuni episodi degli Avalanche, per poi dare spazio al trip-hop maliconconico e sexy di “Licking An Orchid”, in compagnia di James K.

L’Yves Tumor che conoscevamo non è scomparso e lo ritroviamo nel R’n’B destrutturato di “Economy Of Freedom”, nel feedback al calor bianco di “Hope In Suffering”, e nelle sciabolate di rumore nero e di rumore bianco che improvvisamente fanno capolino qua e là.

Il disco si chiude con i cinque minuti e mezzo del tornado elettronico di “Let the Lioness in You Flow Freely”, un campionamento di cinque secondi di un brano pop degli anni Ottanta e poi il silenzio.

I generi sono morti e Safe In the Hands of Love lo ribadisce con forza: questo disco è soltanto una delle mille sfaccettature di Yves Tumor, un artista sfuggente, impossibile da catalogare. Aria fresca in questo particolare momento culturale.

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