Purtimiro, gli stati generali della musica antica

Il Festival di Lugo amplia il suo programma e raddoppia la sede dei suoi concerti con la terza edizione, che si svolgerà dal 27 settembre al 14 ottobre 2018

Purtimiro, Teatro di Lugo
Articolo
classica

Il progetto delle "Feste teatrali attorno all’opera", sottotitolo del Festival purtimiro, è nato per celebrare i trenta anni della riapertura del Teatro di Lugo inaugurato nel 1761. Il suo interno è stato progettato da Antonio Galli Bibiena e nel 1859 venne intitolato a Gioachino Rossini, che nella cittadina romagnola venne avviato agli studi musicali soggiornandovi per un paio d’anni all’inizio dell’Ottocento. La buona acustica e le dimensioni ridotte del teatro rendono ottimali sia l’ascolto sia la visione, e aiutano a creare un senso di intimità e di raccoglimento che è particolarmente congeniale alla scoperta di musiche poco note o eseguite per la prima volta in tempi moderni.

Le scelte artistiche condivise fra i tre artefici del progetto, Domenico Randi, direttore della storica sala, e ora vicepresidente della Fondazione Teatro Rossini di Lugo, il consulente artistico Valerio Tura e il direttore musicale Rinaldo Alessandrini, coadiuvati e sostenuti dal giovane sindaco Davide Ranalli, che è anche il presidente della Fondazione, più che puntare su costosi allestimenti scenici, sono orientate verso il recupero di opere dimenticate ma degne di essere riscoperte, quali oratori, cantate, intermezzi, serenate ed altri generi del Seicento e del Settecento.

Purtimiro, Lugo

Oltre ai molteplici concerti del gruppo residente diretto da Alessandrini, Concerto Italiano, ci sono numerosi altri ensemble di piccole e medie dimensioni che partecipano a questo festival dalla fisionomia originale. Tutto è a portata di mano nella tranquilla dimensione lughese, e quest’anno i concerti oltre che svolgersi nel Teatro si potranno ascoltare anche nell’Oratorio Sant’Onofrio, ultimato nel 1679, che si trova all’estremo opposto del Pavaglione, il lungo quadriportico rettangolare che era il mercato dei bozzoli di bachi da seta, e non solo, e che oggi ospita botteghe, ristoranti, caffè e negozi. Nell’Oratorio risuoneranno musiche strumentali e fra queste spiccano i dialoghi tra doppi strumenti solistici con i duetti di violini, proposti da Luca Giardini e Giacomo Tesini, di violoncelli, eseguiti da Mauro Valli & Sebastiano Severi, e di arpe, suonate da Mara Galassi e Flora Papadopoulos, e il duo di flauto traversiere e cembalo di Marcello Gatti e Francesco Corti.

Oltre ai sette differenti programmi proposti da Concerto Italiano nelle sue varie vesti, ci saranno altri undici appuntamenti che coinvolgono un grande numero di musicisti italiani di diverse generazioni, come quelli dei gruppi Atalanta Fugiens, Alea Ensemble, Arsenale Sonoro, Ensemble Zefiro, Il Sogno Barocco, Cappella Augustana, e Imaginarium Ensemble, con una grande quantità di voci soliste: Alicia Amo, Marta Fumagalli, Mirco Palazzi, Francesca Boncompagni, Raffaele Giordani, Salvo Vitale, Silvia Frigato, Elena Biscuola, Valerio Contaldo, Furio Zanasi, Sara Mingardo, Arianna Vendittelli, Carlo Vistoli, Filippo Mineccia, Marina Bartoli Compostella, Mauro Borgioni, Andrés Montilla Acurero, Monica Piccinini, Alessandro Ravasio, Marco Scavazza, Sonia Tedla, e Barbara Zanichelli.

Questa edizione, che si potrebbe definire una sorta di "stati generali" italiani della musica antica, rappresenta un importante traguardo per questo giovane festival, e tra i segni di maturità spicca anche l’accurato e dettagliato programma generale (di cui si è sentita la mancanza nelle due prime edizioni) che contiene sia i testi integrali di tutte le opere vocali che verranno eseguite, sia le note esplicative relative ai diversi concerti che consentono di inquadrare e contestualizzare storicamente ciascuna proposta. A questo proposito va anche segnalata la serie di conferenze intitolata Incontri con il Barocco curata da Enrico Gramigna che completa la consistente  offerta di purtimiro 2018.

Abbiamo chiesto a Rinaldo Alessandrini di illustrare gli aspetti più importanti del nuovo programma.

Rinaldo Alessandrini
Rinaldo Alessandrini

Quali sono le novità che caratterizzano questa edizione?

«L’aspetto più importante riguarda l’ampliamento del festival, e l’utilizzazione dell’Oratorio Sant’Onofrio per i concerti pomeridiani, che nelle due precedenti edizioni non c’erano. Avendo intravisto la possibilità di un festival più ricco di eventi abbiamo pensato di offrire la maggiore varietà possibile».

«Si è materializzato un sogno vecchio di quarant'anni, da quando è iniziato il movimento di recupero e riscoperta della musica antica in Europa».

«Ogni concerto è specificatamente connotato, e ognuno di essi esprime idee e concetti musicali specifici e complementari. Al di là del dato numerico non potendo allestire opere con scene e costumi, abbiamo cercato di concepire un festival che avesse al centro la voce, e tutto quello che circonda l’opera».

È aumentato il numero di concerti e di conseguenza anche quello dei musicisti coinvolti.

«Sono molto contento perché avremo circa cento musicisti che si avvicenderanno, e sono quasi tutti italiani, il che vuol dire che si è materializzato un sogno vecchio di quaranta anni, da quando è iniziato il movimento di recupero e riscoperta della musica antica in Europa, e che abbiamo una cifra identitaria incisiva e netta.In ogni caso le scelte artistiche valgono per quello che sono, perché nel programma  c’è quasi di tutto e il pubblico può scegliere tra le varie proposte».

Le scelte dei gruppi e dei repertori sono principalmente sue?

«Io sono il direttore musicale, Valerio Tura è il direttore artistico e Domenico Randi è il direttore del teatro. Io faccio la supervisione e Concerto Italiano è il gruppo residente e ci confrontiamo e prendiamo insieme le decisioni, ma il punto definitivo è di Randi».

Questo Festival è stato concepito e modellato appositamente e specificatamente per Lugo e per il suo teatro.

«Il festival è fondamentalmente una emanazione della città e del sindaco che l’ha fortemente voluto assieme al direttore del teatro, ma in questo momento ci sono dei contrasti che riflettono la politica nazionale. La cultura, la musica e il teatro non dovrebbero essere oggetto del contendere politico, ma abbiamo fiducia nel futuro. Credo che il festival non sia stato ancora ben compreso e contestualizzato, nel senso che è un festival di proporzioni ragguardevoli rispetto alla dimensione della città. Il progetto è nato per e grazie a Lugo e al suo Teatro, e questo binomio ha un forte significato, ma la vocazione del festival va oltre e si pone come una realtà nazionale. Si deve tener conto che l’orizzonte delle iniziative di musica antica in Italia è piuttosto limitato e che i festival si contano sulle punta delle dita. Ce ne dovrebbero essere molti di più… Chi in questi giorni si impegna a ostacolarne l’idea di base, non capisce che non può essere letto solo su scala locale, poiché il suo intento è di rendere servizio alla città di Lugo in modo che questa attività si rifletta a livello nazionale. I musicisti invitati vengono da molti luoghi diversi, da Torino fino a Palermo, e in un certo senso abbiamo simbolicamente coperto tutto il territorio nazionale».

Nel programma c’è un concerto intitolato Diversi tipi di amore, che prevede una  messinscena da lei concepita. In cosa consiste?

«Si tratta di una concezione semplice, con l’idea di creare un ambiente teatrale consono a quello verrà cantato, attraverso un collage di scene, unite dalla voglia di mostrare le diverse facce dell’amore, con costumi, o meglio abiti che servono a evidenziare che si tratta di uno spettacolo. Ma sia gli abiti che le scene sono di carattere neutro e non d’epoca. È quella che i francesi chiamano mise en espace, ma sarà particolarmente curata».

Ci sarà la prima esecuzione in tempi moderni di un’opera di Antonio Maria Bononcini.

«Sì, Arminio su libretto di Pietro Antonio Bernardoni. Ho curato l’edizione critica della partitura e pur essendo stata rappresentata nel 1706, presenta dei caratteri  inaspettatamente “classici”. Avrebbe potuto essere stata scritta una ventina di anni dopo, e sembra anticipare aspetti che poi diventeranno comuni nell’opera italiana, con un trattamento dell’orchestra molto avanzato e particolarmente efficace dal punto di vista drammaturgico. Per questo progetto ho selezionato sei giovanissimi cantanti che ho conosciuto lo scorso anno a Urbino, quando ho tenuto una masterclass su Monteverdi. Pur essendo ancora freschi di studi sono già molto bravi, e cominciano a muovere i primi passi professionali e a farsi conoscere».

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Articolo in collaborazione con Fondazione Busoni

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