A Liegi torna il Trovatore
Oren sul podio e la regia di Vizioli
Per la nuova stagione 2018-19 il sovrintendente Stefano Mazzonis di Pralafera ha scelto un allestimento che già aveva in casa, quello firmato da Stefano Vizioli nel 2009 per il Teatro Verdi di Trieste, però con diverse voci nuove per Liegi nei ruoli principali. Debutto all’Opéra Royal de Wallonie quindi sia per il tenore Fabio Sartori nel ruolo di Manrico, del soprano spagnolo Yolanda Auyanet in quello di Leonora e del mezzosoprano lituano Violeta Urmana in quello di Azucena. Il quarto ruolo da protagonista, quello del Conte di Luna, affidato invece ad un baritono, Mario Cassi, che ha già lavorato molto con l’Opera di Liegi, e questa stagione lo ritroveremo anche nel Matrimonio Segreto di Cimarosa già il prossimo ottobre, e poi ne I Puritani a giugno 2019. E proprio Cassi, che ha esordito nella carriera lirica con Mozart e Rossini, è stato invece la sorpresa della prima, sia da un punto di vista vocale che d’interpretazione, dimostrando ormai di avere una voce più spessa e matura, una personalità che non si sottrae alle difficoltà della partitura, godibilissimo nella parte del giovane orgoglioso Conte di Luna. Ottima sin dalle prime battute anche Violeta Urmana che ha regalato una Azucena con il fuoco dentro, composta, quasi gelida nell’atteggiamento esterno, forse perché l’artista è di origini lituane, ma imponente e sprigionante dardi di passione, d’amore e di morte insieme, non appena inizia a cantare. Bella voce, ma non sempre allo stesso livello di emissione e controllo, e meno incisiva in scena, invece la Leonora della Auianet ; lo stesso può dirsi di Fabio Sartori nella parte di Manrico che ha cantato mezzotono più basso e non ha entusiasmato in «Di quella pira» ; il rendimento scenico di entrambi comunque è cresciuto con il progredire del dramma ed alla fine il pubblico ha gratificato tutti di calorosi applausi. Le redini dell’Orchestra di Wallonie-Liège sono state tenute strette dal maestro Daniel Oren, anche se con percussioni un po’ troppo forti nelle scene zingaresche. A quest’ultimo proposito, ben riusciti i momenti di danza, derivati dall’edizione francese de Il Trovatore con ballerini preparati e ben integrati nell’allestimento di Vizioli, un allestimento minimo, stilizzato e geometrico, con accenni simbolici quali il grande occhio che si trasforma in luna, d’effetto i grandi arieti dell’assedio, ma nel complesso un po’ scarno, sopratutto per un’opera come questa che ha tanti momenti di eventi raccontati. I ballerini sono venuti in soccorso a rendere lo spettacolo più vivace e ricco, ed anche il Coro di Liegi si è mosso con movimenti più naturali del solito, regalando dei delicati e toccanti momenti d’insieme.
Se hai letto questa recensione, ti potrebbero interessare anche
Saltata la prima per tensioni sindacali, il Teatro La Fenice inaugura la stagione con un grande Myung-Whun Chung sul podio per l’opera verdiana
Il primo pianista francese a vincere il Čajkovskij di Mosca conquista il pubblico milanese con un interessante quanto insolito programma.