La signorina in rosso

K.O. è l’esordio ufficiale sulla lunga distanza di Miss Red, un viaggio che tocca Haifa, Tel Aviv, Kingston, Londra e Berlino

Miss Red
Disco
pop
Miss Red
K.O.
Pressure
2018

Era il 2011 e Kevin Martin , meglio conosciuto come The Bug, si stava esibendo con il suo King Midas Sound in un affollato scantinato di Tel Aviv quando una ragazza tra il pubblico, impadronitasi del microfono, ha improvvisato il suo dancehall style sui ritmi del trio londinese: colpo di fulmine! Sharon Stern – alias Miss Red – nata a Haifa da padre polacco e madre israelo-marocchina, si trasferisce a Londra prima e a Berlino dopo, sempre al seguito del suo mentore 

«Nicodemus mi ha davvero influenzata ma, in quanto ragazza, la mia voce non poteva essere come la sua, e allora ho cominciato ad ascoltare le ragazze della dancehall anni Ottanta, anche perché parlavano come ragazze orgogliose e soprattutto da una prospettiva femminile. Sister Nancy e Lady Ann sono quelle che mi hanno influenzato maggiormente».

La dancehall odierna in Giamaica non sta vivendo il suo momento migliore, anzi, per usare le parole di The Bug, «la musica annega in un mare di insipidezza pop». C’è chi si è stufato (vedi Equiknoxx) e cerca nuovi territori sonori, mescolando i suoni e i generi: in questa scia si inserisce questo K.O., un progetto di dancehall futuristica che ha le sue fondamenta sui ritmi approntati da The Bug, un modello di compostezza nonostante la pesantezza, il suo marchio di fabbrica, non giochi un ruolo di secondo piano.

Evidentemente le ultime collaborazioni con Burial ed Earth hanno lasciato il segno e in alcuni episodi del disco i suoni sono maggiormente ricchi d’atmosfera e sfumati, per poi nutrirsi di energia improvvisa: "One Shot Killer" e "Money Machine" sono gli esempi principali, nei quali Miss Red dispiega la sua capacità di adattare la voce alle diverse sfumature musicali e ai cambi di ritmo. In "War" addirittura passa con naturalezza dalla voce di testa a quella di petto, come se interpretasse due personaggi diversi all’interno della storia narrata. "Clouds", "Shock Out", "Dagga", sono alcuni dei tasselli che fissano l’intera struttura, e il risultato finale è solido, polemico arrabbiato, eccitante.

Dimenticate Major Lazer e la sua dancehall un po’ cialtrona, coi suoi trucchetti triti e ritriti: qui, in alcuni momenti, l’attitudine ricorda quella dei New Age Steppers, la musica è impegnata, pressante, in definitiva ricostituente.

«Volevamo rispecchiare questi tempi distrutti con una colonna sonora distrutta». Obiettivo raggiunto, K.O. è un disco totalmente attuale, una fotografia impressionante della realtà.

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