Riccardo III e loro, finalmente alla Fenice
A Venezia va in scena in prima italiana Richard III di Giorgio Battistelli nell’allestimento originale di Robert Carsen
Ci sono voluti tredici anni perché Richard III arrivasse su un palcoscenico italiano. Concepita negli anni di trionfanti unti del Signore nostrani, il pubblico italiano può finalmente assistere all’opera dedicata allo shakesperiano “Lord’s anointed” nella fortunata riduzione operistica di Giorgio Battistelli (che abbiamo intervistato qui in merito al suo Riccardo III) quando la parabola di quel potente si è ormai conclusa e, ancora incerti, si scorgono i segni di un nuovo ciclo che nasce.
Arriva soprattutto con i galloni di un autentico classico, già ammirato e apprezzato in numerosi palcoscenici europei, destinato magari ad arricchire la galleria di ritratti di potenti fra il Macbeth di Verdi e il Lear di Reimann, con i quali questo Richard III condivide l’ascendenza shakespeariana ma anche una sensibilità teatrale, non comunissima nel teatro musicale di oggi.
Una tensione attraversa tutta la partitura di Battistelli e una luce strumentale cupa e opprimente, come opprimente è la feroce ascesa di Riccardo al trono di Inghilterra e la sua incoronazione, fra quella del fragile Edoardo IV e quella del primo dei Tudor, Enrico VII, che mette fine alla sanguinaria contesa fra le rose degli York e dei Lancaster. Anche quei cori invisibili, che intonano inni medievali per celebrare l’avvento di un nuovo potente, non hanno niente di celebrativo ma suonano già funebri, come un anticipo dell’inevitabile fine. E anche le poche isole di serenità possibile vengono coperte dal nero pece dell’animo del tiranno nel brillante trattamento musicale (e spicca lo straordinario l’episodio dei due giovani principi Edward e Richard rinchiusi da zio Richard nella Torre di Londra con quelle sonorità metalliche dissonanti che coniugano leggerezza infantile con cupi presagi di morte).
Nero è anche il colore che domina l’allestimento, quello originale per l’Opera delle Fiandre, rimontato dallo stesso Robert Carsen per la Fenice, senza perdere nulla della forza originale. Quello di Carsen rimane uno straordinario e implacabile esercizio di teatro che prende forma nella scena fissa di Radu Boruzescu – un’arena circense cui l’inclinazione conferisce un senso implicito di precarietà coperta di una sabbia pesante che si impregna del colore del sangue. È il circo del potere in cui il gioco lo conduce Richard, istrionico attore dal volto immacolato di biacca e sanguinario macellaio, su quell’indefinito pubblico di “loro” indistinguibili in tenuta impiegatizia in cappotto, bombetta e ombrello nerofumo (i costumi sono di Radu Boruzescu). Si fa davvero fatica a distinguere i diversi personaggi, ma in fondo che importa? Non sono che i servi assoggettati a un puro disegno di potere e pronti a servire il prossimo potente.
Molto intensa la direzione musicale di Tito Ceccherini, attentissima al colore e alla potenza della densa scrittura orchestrale di Giorgio Battistelli, eseguita da un’Orchestra del Teatro la Fenice in splendida forma. Tuttavia soffre in qualche passaggio l’equilibrio con la scena soprattutto per via di qualche debolezza nel cast vocale. Non soffre comunque il protagonista Gidon Saks, perfetto istrione, vocalmente molto solido, ma poco sfaccettato nella linea di canto. Delle tre donne, si fa notare soprattutto la tragica presenza della Duchessa di York di Sara Fulgoni, ma disegnano bene i rispettivi ruoli anche Annalena Persson (Lady Anne) e anche di più Cristina Daletska (Queen Elisabeth). Fra i “loro” spiccano soprattutto l’elegiaco Hastings di Simon Schnorr, l’estroso Tyrrel di Christopher Lemmings e l’affatto rasserenante Richmond (il re Henry VII) di Paolo Antognetti, mentre fragilissimi risultano l’Edward IV di Philip Sheffield e il Prince Edward di Jonathan De Ceuster al limite dell’udibilità. Impeccabile la prova del Coro del Teatro La Fenice preparato da Claudio Marino Moretti.
Pubblico numeroso, applausi convinti.
Nuovo allestimento della Fondazione Teatro La Fenice. Produzione originale di Opera Vlaanderen, Antwerp/Gent (2005).
Se hai letto questa recensione, ti potrebbero interessare anche
Al Teatro Sociale di Rovigo va in scena La voix humaine e a Padova l’OPV propone L’histoire de Babar
A Piacenza la stagione d’opera si apre con successo con una Madama Butterfly dall’efficace segno musicale
A Santa Cecilia, all’Opera e al Teatro Olimpico tre diverse edizioni del balletto di Čajkovskij