Otello Profazio, l'uomo-ulivo e la Storia
Esce per Squilibri La storia, il nuovo disco di Otello Profazio (con libro)
Ci sono uomini-ulivo, nella storia della musica folk italiana, che presidiano un territorio inaridito, sconvolto, e che se anche provate a scalzarli da quella terra violentata continuano ad avvinghiarsi, a lanciare le radici nel profondo. E a produrre l'olio profumato della verità. Sono quelle persone che Erri De Luca e Gianmaria Testa chiamarono “gli invincibili”: non perché trionfino sempre (anzi), ma perché a ogni caduta trovano la forza di rialzarsi con più slancio.
Otello Profazio è un uomo-ulivo. I suoi brani dovrebbero essere protetti come patrimonio di tutti, anche da parte di chi nella vita segue principi e pratica convinzioni esattamente opposti a quelli del cantastorie ironico con la chitarra in mano.
Profazio canta con quattro accordi sapienti (e anche, in un caso, con l’aiuto di un amico all’oboe) di ingiustizie, di trafficoni pericolosi che hanno reso certa Calabria e molto Sud un deserto culturale, racconta di malaffare, di emigrazione, di guerra. Con rime facili ma petrose, tutte sostanza. Con giri armonici che abbiamo ascoltato mille volte, e mille volte sembrano nuovi e rivelatori. Lo fa dal 1953, continua a farlo oggi. Avendo in più, come precisa nel testo accluso Domenico Ferraro, «affilato in anni e anni di palestra sul campo quelle straordinarie doti mimetiche e ricettive per cui sembra trovarsi sempre in sintonia con gli umori più profondi delle comunità di riferimento».
A questo punto si sarà compreso che il titolo La storia, va inteso nel senso che al termine pesante diede De Gregori: la Storia siamo noi, quando tentiamo di filtrare un senso al mondo, e il senso è che siamo solo di passaggio, troppo soggetti alla prepotenza altrui, ed è sempre complicato alzare la testa e cantarle chiare, anche con molta ironia: come fa Otello Profazio.
Questo è un disco tutto fatto di antiche novità, dunque. E se non credete che la genovese “Bocca di Rosa” possa trasformarsi in un piccolo “cunto de li cunti” del Sud, partite direttamente dall'ottava traccia, "Donna Vicenza".