Norma, la Medea dei Galli 

All’Oper Frankfurt l’opera di Bellini in nuovo allestimento di Christoph Loy con Elza van den Heever protagonista

Norma (Foto Barbara Aumüller)
Norma (Foto Barbara Aumüller)
Recensione
classica
Oper Frankfurt
Norma
10 Giugno 2018 - 27 Giugno 2018

Norma o della Resistenza. Non è certo un’idea nuova. Anni fa la coppia Caurier&Leiser trasformò la Bartoli in un’Anna Magnani collaborazionista per amore. Meno “realisticamente” connotata ma non troppo lontana l’ispirazione di Christof Loy per la sua nuova produzione andata in scena all’Oper Frankfurt in sostituzione di quella prevista a inizio stagione di Sigrid Strøm Reibo, protestata dopo il debutto a Oslo lo scorso gennaio per ragioni artistiche. Lo spazio creato da Raimund Orfeo Voigt è nel segno dell’astrazione minimalista: una scatola lignea con una grande finestra, una porta e una botola e un soffitto ad altezze variabili per definire i diversi ambienti. Le coordinate storiche vengono definite dai costumi anni ’40 di Ursula Renzenbrink di bellica sobrietà. Il resto è cura del gesto scenico e plasticità di corpi, secondo la cifra più caratteristica del regista. Non c’è alcun dubbio che il punto focale in questo allestimento sia Norma, spogliata di ogni attributo sacrale e clinicamente sezionata in ogni pulsione, resa con straordinaria forza attoriale. Forza che trascende la cornice storica resistenziale, che appare una soluzione puramente estetica, e che conferisce alla figura della sacerdotessa lo spessore tragico di una Medea, madre infanticida per vendetta amorosa. 

La protagonista Elza van den Heever aderisce a quel disegno con ferina aggressività, a tratti persino eccessiva, senza compromettere però compostezza e rigore vocale richiesti dal belcantismo belliniano. Il contrasto con il Pollione di Stefano La Colla è piuttosto stridente, offrendo questi una prova sostanzialmente centrata su una vocalità esuberante e generosa ma approssimativa sul piano interpretativo. Funziona meglio l’Adalgisa di Gaëlle Arquez, soprattutto negli intensi duetti con Norma. Poco da dire sull’Oroveso di Robert Pomakov, corretto ma poco penetrante, bene il Flavio di Ingyu Hwang e la sensibile Clotilde di Alison King. Di rilievo la prova del Coro dell’Oper Frankfurt, preciso e possente sotto la guida di Tilman Michael. Molto brillante la prova della Frankfurter Opern- und Museumsorchester guidata con autorevole spigliatezza da Antonino Fogliani, che concilia l’intensa cantabilità belliniana con tempi fulminanti. 

Sala esaurita alla prima. Calorosi applausi per tutti gli interpreti. Qualche contestazione, francamente incomprensibile, al team registico. 

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