Iceage, ghiaccio bollente

Si intitola Beyondless il quarto lavoro dei danesi Iceage: un capolavoro glorioso sia nell’esecuzione sia nei contenuti, con la benedizione di Richard Hell

IceAge
Disco
pop
Iceage
Beyondless
Matador
2018

Se cercate il termine beyondless sul dizionario inglese-italiano, non lo trovate; si tratta infatti di un neologismo creato da Samuel Beckett e compreso nella prosa Worstward Ho del 1983, e che possiamo all’incirca tradurre con “sconfinato, senza un al di là”. È un’opera in cui lo scrittore irlandese supera i limiti codificati del linguaggio creando nuove parole apparentemente non corrette ma che riescono a esprimere un senso persino superiore a quello delle parole di partenza, una sorta di “senso aumentato”.

Formatisi dieci anni fa, gli Iceage realizzano due album caratterizzati da un punk tutto sommato derivativo per poi cambiare direzione con il seguente Plowing Into the Field of Love, uscito nel 2014, più articolato, anche se poco accessibile perché penalizzato dall’assenza di vere e proprie canzoni.. Ma è con il nuovo Beyondless che il gruppo danese raggiunge la maturità compositiva, originale e allo stesso tempo memore dei primi Bad Seeds (ma avrei potuto anche scrivere degli ultimi Birthday Party) e di PJ Harvey.

Un paio di mesi prima dell’uscita del disco è comparso un breve saggio del punk hero Richard Hell dal titolo The New Iceage, in cui l’autore di Blank Generation sottolinea la qualità della poetica, lo spirito anarchico e la cultura dei membri del gruppo: nelle loro rare interviste i quattro danesi riescono a passare con naturalezza da Bataille a Mirabeau, da Mishima a Genet, da Cohen ai Coil, da Miller all’incontro di boxe del 1966 tra Muhammad Ali e Cleveland Williams, quello in cui, per la prima volta, Ali fece vedere quella sorta di balletto passato alla storia come Ali shuffle.

Beyondless è un disco che non fatico a definire entusiasmante: dieci episodi che passano dal vaudeville di "Thieves Like Us" e "Showtime", con una sezione fiati che sembra arrivare da New Orleans, alla psichedelia di "Catch It", dal duetto "Pain Killer" tra il cantante Rønnenfelt e la sua fidanzata Sky Ferreira alla conclusiva nonché contagiosa title-track, dalla stoogesiana "The Day The Music Dies" al brano d’apertura, l’implacabile "Hurra".

Da tempo non ascoltavo un album con chitarre in maniera così compulsiva: Beyondless è riuscito nel miracolo, non è cosa da poco, ve l’assicuro.

P.S. Gli Iceage suoneranno un’unica data italiana il 6 luglio a Locorotondo all’interno della programmazione di Viva! Festival 2018.

 

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