Il viaggio senza ritorno di The Caretaker

Everywhere At The End Of Time – Stage 4 segna un ulteriore passo di James Leyland Kirby all’interno della demenza diagnosticata al suo alter ego The Caretaker

The Caretaker
Disco
oltre
The Caretaker
Everywhere At The End Of Time – Stage 4
Boomkat
2018

Vi abbiamo gà parlato di questo affascinante progetto (ad esempio QUI e QUIe, a costo di apparire noiosi, vi ripetiamo che i quattro Stages finora pubblicati devono essere ascoltati in sequenza, non vivono di vita propria.

Una cosa è certa: non vorrei essere nella testa di Leyland Kirby (aka The Caretaker). Negli ultimi due anni è andato avanti componendo due brani al giorno, dunque quasi millecinquecento “canzoni” (le virgolette sono d’obbligo) da cui ne ha finora pescate quarantadue per questa sorta di Divina Commedia al contrario, in cui la tappa finale non sarà la contemplazione del volto di Dio ma la morte.

Il personaggio di The Caretaker è nato nel 1999 con l’album Selected Memories From The Haunted Ballroom e a marzo 2019 cesserà di vivere: vent’anni di ricordi si dissolveranno in questo viaggio nella progressione della malattia mentale attraverso il suono.

Lo Stage 4 è quello della Post-Consapevolezza, dove la serenità e la capacità di richiamare singoli ricordi cedono il passo alla confusione e all’orrore; siamo all’inizio di un processo in cui tutti i ricordi cominciano a divenire evanescenti, si aggrovigliano, si ripetono senza logica, si spezzano. La nostalgia iniziale si dipana in un caos fatto di disperazione e frantumazione, la bellezza scivola nel terrore.

Lo Stage 5 è previsto per fine settembre e la musica sarà spogliata della maggior parte delle frequenze: sono curioso ma anche confuso, come quando vidi per la prima volta la scena di Seven in cui il serial killer impersonato da Kevin Spacey pronunciò la frase: «Alla fine di questo, tutto diventerà chiaro».

«Il vantaggio di una cattiva memoria è che si può godere più volte delle stesse cose belle come se fosse la prima volta». Friedrich Nietzsche

Se hai letto questa recensione, ti potrebbero interessare anche

oltre

Il mito di Orfeo secondo Sarah Davachi

In The Head as Form’d in the Crier’s Choir la compositrice canadese trae ispirazione da Claudio Monteverdi e Rainer Maria Rilke

 

Alberto Campo
oltre

La morbida confusione di Mabe Fratti

Sentir Que No Sabes è l’inconsapevole capolavoro della violoncellista e cantante del Guatemala

Alberto Campo
oltre

Alessandra Novaga sulle orme di Tarkovskij

The Artistic Image Is Always a Miracle è il nuovo lavoro della chitarrista e compositrice milanese

Alberto Campo