Il glamour esistenzialista dei Baustelle

Il secondo disco dedicato dai Baustelle all’Amore e alla Violenza

Baustelle, nuovo album
Disco
pop
Baustelle
L’amore e la violenza vol. 2
Warner
2018

Confezionando un disco gemellato a quello edito nel gennaio 2017, i Baustelle hanno infranto la convenzione che li voleva piuttosto indolenti in termini di produttività: mai prima la distanza fra un’uscita e l’altra era stata tanto ravvicinata, infatti.

L’impulso a realizzare questi “12 pezzi facili” – recita il sottotitolo – si è manifestato durante la tournée che propagandava appunto L’amore e la violenza. Da quel lavoro, inoltre, avanzava qualcosa, tra cui i due episodi strumentali inclusi nella nuova raccolta: l’iniziale “Violenza”, che sa di rock “progressivo” da film di serie B, in modalità Goblin per intendersi, e l’eloquente “La musica elettronica”, che dà quanto promesso dall’intestazione in chiave solennemente gotica.

E a proposito di musica elettronica, nelle note di copertina sono elencati con ostentata pedanteria i modelli di sintetizzatore – una ventina – impiegati in sala di registrazione: vezzo di chi bada in maniera scrupolosa al suono, la qualità del quale è ovviamente inoppugnabile. Eppure si tratta di un album “oscenamente pop”, come e più del precedente. Ciò stabilisce il compito che i tre si sono assegnati: creare musica di – relativamente – facile ascolto, ma non propriamente “leggera” (esemplare “Veronica n. 2”, all’apparenza leggiadra, quando in realtà distilla veleno anche in forma d’autoironia: “E le canzoni me le scrive il cane”, canta Francesco Bianconi).

Analogia evidente su scala nazionale – riconosciuta dagli interessati, nonché attestata dalla riconferma nel ruolo di responsabile del mixaggio di Pino “Pinaxa” Pischetola, implicato nell’avventura del Joe Patti’s Experimental Group – è Franco Battiato.

Guardando altrove, invece, torna in mente il glamour sofisticato dei Pulp di Jarvis Cocker. Il gioco è quello: impacchettare in un involucro pop argomenti densi. Per dire, in questo caso: l’idea che “L’amore è negativo”, ispirata dal saggio Eros in agonia del filosofo sudcoreano Byung-Chul Han, rafforzata in senso simbolico da “Il minotauro di Borges”, che compare nell’epico epilogo, frutto di una rilettura del racconto La casa di Asterione, da L’Aleph, consigliata da Giuseppe “Kaballà” Rinaldi, altresì complice nella scrittura di un paio di testi (“Lei malgrado te” e “A proposito di lei”). La fisiologia dei sentimenti occupa dunque il centro della scena, mentre il contesto – nel primo volume espresso attraverso la pervasività della Guerra – arretra in secondo piano, benché non sempre: Trump fa coppia con Hitler all’inizio de “L’amore è negativo”, quando nell’irruente “Tazebao” spuntano fuori “Casa Pound” e “fascistelli”, macchie di nero populista sugli abiti della festa. Un pensoso esistenzialismo travestito da mondanità, in definitiva: esercizio concettuale degno di ammirazione.

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