Samurai Accordion: scrivere per organetto oggi
Secondo disco per il supergruppo di organettisti, con Riccardo Tesi, Kepa Junkera, Markku Lepistö, David Munnelly e Simone Bottasso
Non c’è nessun altro strumento popolare che si sia prestato a essere sfruttato, strizzato ed esteso al limite delle sue possibilità quanto l’organetto diatonico: è un processo in atto – a grandi linee – dagli anni Ottanta del secolo scorso, ma che negli ultimi dieci anni è emerso in maniera più evidente, e toccando punte di ricchezza e raffinatezza forse impensabili ancora fino a qualche anno fa.
Il supergruppo Samurai – che mette insieme cinque “big” europei dell’organetto diatonico – è una diretta conseguenza di questa popolarità dell’organetto come strumento per eccellenza del nuovo folk europeo: di quanti altri strumenti si potrebbero trovare cinque esecutori di questo livello?
Per di più, Te è il secondo disco a nome Samurai Accordion (o Accordion Samurai, a seconda... il progetto è ideato e seguto dall’operatrice culturale e manager belga Frédérique Dawans), con cast leggermente diverso dalla prima uscita. Escono, rispetto al disco omonimo del 2011, il francese Bruno Le Tron e il belga Didier Laloy. Rimangono in campo il finlandese Markku Lepistö, l’irlandese David Munnelly e il nostro Riccardo Tesi. Subentrano l’esperto basco Kepa Junkera e la giovane matricola Simone Bottasso, tra i migliori talenti della nuova generazione dei trentenni. Da notare che il primo era insieme a Tesi nel trio Trans-Europe Diatonique (il terzo era John Kirkpatrick), che nel 1993 costituì probabilmente il primo e più importante esperimento di questo genere, e il secondo ha spesso collaborato con lo stesso Tesi, anche in trio di organetti (a nome Triotonico: il terzo era, in questo caso, Filippo Gambetta).
In molti progetti di questo tipo – o meglio, più in generale con i “supergruppi” di qualsiasi genere – il rischio è quello di superare quel sottile confine fra il suonare insieme e l’autoerotismo di gruppo, con cinque talenti che si suonano addosso a colpi di abbellimenti e fraseggi al limite dell’eseguibilità. Samurai – e il merito va a tutti e cinque i suoi membri – non è un progetto di questo tipo, soprattutto perché il fulcro è tutto sulla composizione più che sull’improvvisazione, sull’arrangiamento e sulla ricerca di soluzioni collettive e condivise (che sono necessariamente anche limitate dall’organico anomalo, e dai limiti stessi dell’organetto come strumento: ed è, naturalmente, questo il bello). Dieci tracce, due a testa per ciascuno, in cui tutti e cinque i Samurai danno un saggio della loro idea di composizione per organetto.
Ci sono momenti più cameristici (l’emozionante “Herfst” di Munnelly), momenti epici e corali (la cavalcata di "Kuru", di Lepistö), momenti più sperimentali (“Il sogno di Fellini” di Bottasso è un tema un po’ alla Nino Rota – forse? – che finisce destrutturato su suddivisioni dispari e armonizzazioni molto poco “diatoniche”), momenti quasi contrappuntistici (la bella apertura di “Sushi Time” di Riccardo Tesi)… Compaiono cori (“Gernika”, di Junkera), occasionali percussioni, e per il resto mantici e ance.
Un bel disco, che fotografa la vivacità della composizione per organetto di oggi, e fa ben sperare per il futuro, lontano dai percorsi più “esotici” del circuito world, e con i piedi ben piantanti sulla pratica strumentale e di scrittura, e sull'estensione delle stesse.