Luciano Berio
Interviste e colloqui
A cura di Vincenzina Caterina Ottomano. Introduzione di Paul Griffiths
Torino, Einaudi 2017, pp. xl-520, € 34,00
Leggere la personalità di Luciano Berio (1925-2003) attraverso la mediazione delle sue stesse parole, strizzando gli occhi per vedere al di là di quella sottile filigrana rappresentata da una decantata ponderatezza che si traveste da apparente spontaneità nelle risposte alle diverse domane e sollecitazioni: questo è il gioco nel quale ci siamo trovati sfogliando questo recente volume curato da Vincenzina Caterina Ottomano per Einaudi. Cinquantuno sono le Interviste e colloqui pubblicati in vari luoghi – quotidiani, programmi di sala, riviste… – che vengono qui completate da due interviste inedite, che coinvolgono Massimo Mila (1977) e Michele dall’Ongaro (1999), oltre che dal “Questionario Proust” inviato al compositore dal Frankfurter Allgemeine Magazin e pubblicato dalla stessa testata nel maggio del 1990.
In questa preziosa raccolta di dialoghi segnati da una diversificata natura – dagli scambi più colloquiali alle riflessioni più strutturate – possiamo scoprire prospettive cangianti, immediate e talvolta inattese sulle vicende artistiche e biografiche del compositore, ricavandone un profilo al tempo stesso affine e complementare a quello che emerge dai suoi testi teorici.
Il materiale al centro di questa raccolta, costituito da interviste, conversazioni e inchieste realizzate in lingue e Paesi diversi, segna un tracciato cronologico che va dall’inizio degli anni Sessanta fino a pochi mesi prima della scomparsa di Berio, accompagnandoci nella personale e sfaccettata visione della contemporaneità propria di questo compositore e intellettuale. Uno sguardo personale e limpido che qui possiamo osservare a confronto con la natura variegata dei suoi interlocutori, tra cui troviamo giornalisti, musicologi e personalità come, tra le altre, quelle di Umberto Eco e Renzo Piano. Per la natura anche estemporanea dei testi qui raccolti, la trattazione dei temi centrali dell'orizzonte creativo di Berio – dal teatro alla ricerca elettroacustica, dalla voce al linguaggio, dalle tradizioni popolari all'impegno del musicista nella società – si snodano attraverso queste pagine con la chiarezza di un linguaggio che sposa una lucida tensione divulgativa.
Sia trattando delle proprie opere quali Thema (Omaggio a Joyce) o Laborintus II – molto utile, per riannodare le fila dei riferimenti alle diverse composizioni, la cronologia delle opere curata da Angela Ida De Benedictis – sia tracciando ponti ideali tra Mozart e Zappa (vedi l’intervista di Leonetta Bentivoglio uscita su La Repubblica nel dicembre del 1996), Berio rimane sempre coerente con il proprio pensiero, sia creativo sia ideologico. In questo senso appare significativa l’intervista raccolta da Corrado Augias nel 1989, dove il compositore ha modo di affermare: «Sono convinto che uno scienziato, un avvocato, uno scrittore, un industriale, un filosofo, un senatore o qualsiasi altra persona che deve, o dovrebbe, esercitare una qualsiasi forma di creatività a favore – o contro – la società in cui vive sia handicappato a priori se non si pone mai il problema o non s’interroga sull’esperienza musicale». E ancora, al «Perché?» di Augias, risponde: «Perché la musica non è mai riconducibile a discorso, non è mai completamente verbalizzabile. Allo stesso tempo è sempre un’esperienza sociale, sempre da riempire di senso. Le pare poco in un mondo pieno soprattutto di parole inutili?»
«Sono convinto che uno scienziato, un avvocato, uno scrittore, un industriale, un filosofo, un senatore o qualsiasi altra persona che deve, o dovrebbe, esercitare una qualsiasi forma di creatività a favore – o contro – la società in cui vive sia handicappato a priori se non si pone mai il problema o non s’interroga sull’esperienza musicale».
Una limpidezza di pensiero che possiamo ritrovare, infine, anche quando al centro del discorso viene posta la musica come linguaggio espressivo, come forma di comunicazione d’arte, come evidenzia Paul Griffiths nella sua introduzione al volume: "In effetti, ci dice Berio, è proprio nella mente di chi ascolta che la musica si crea, a partire dalle percezioni sollecitate dalla musica e dalle strutture e i concetti che essa mette in gioco. Ogni composizione è molteplice, labirintica, e il compositore non rappresenta l’autorità suprema. Quello che Berio ci trasmette non è tanto un’asserzione perentoria, quanto un invito a vivere un’esperienza che dipenderà in parte da quelle strutture e da quei conetti che noi, in quanto ascoltatori, possiamo riconoscere e fare nostri".