Santa Cecilia trionfa in Germania con Anne-Sophie Mutter

Un successo la tappa a Francoforte dell’Orchestra dell’Accademia di Santa Cecilia, con Antonio Pappano e Anne-Sophie Mutter per il Violinkonzert di Beethoven

Orchestra dell’Accademia di Santa Cecilia con Anne-Sophie Mutter
Foto © Alte Oper/ Wonge Bergmann
Recensione
classica
Alte Oper, Francoforte
Orchestra dell’Accademia di Santa Cecilia con Anne-Sophie Mutter
26 Gennaio 2018

Appena quattordicenne, Anne-Sophie Mutter intona le prime note del Violinkonzert di Beethoven. La ascolta Herbert von Karajan che le dice: “Vada a casa e torni il prossimo anno”. Di anni ne ha 16 ed è già in carriera da tre anni quando finalmente debutta con il suo mentore lo stesso concerto, accompagnata dai Berliner Philharmoniker.

Di anni ne sono passati poco meno di quaranta e la Mutter, artista molto amata nel suo paese e non solo, torna ancora una volta all’amatissimo Beethoven e a quel suo unico e monumentale Concerto per violino per un breve tour che dopo Düsseldorf, Monaco e Amburgo, tocca Francoforte, prima di concludersi a Baden-Baden. Dopo averlo affrontato con le più importanti compagini orchestrali e direttori, in questa occasione ritrova l’Orchestra dell’Accademia di Santa Cecilia e il suo direttore Antonio Pappano, festeggiatissimi in tutte le tappe di questo breve tour pochi mesi dopo quello della scorsa primavera. Un incontro fra l’orchestra romana e la violinista che non si ripeteva dal 1992.

La scena è tutta per lei, ovviamente, e per la sua sommessa autorevolezza di interprete che non impressiona tanto per ginnico virtuosismo quanto per il totale controllo tecnico e l’intensa cantabilità sapientemente dosata lungo tutta la grande volta del concerto. Il passo scelto da Pappano è disteso e mai retorico nemmeno negli incisi beethoveniani nel primo movimento e soprattutto nel Larghetto del secondo, nel quale la voce dell’orchestra è ridotta a un mormorio che lascia la tutta la scena all’acceso lirismo del canto del violino. E poi finalmente la gioiosa danza del Rondò del movimento finale nel quale, con compostezza apollinea, la Mutter all’introversione lirica somma il perfetto controllo tecnico che si impone soprattutto nella tradizionale cadenza di Fritz Kreisler (come quella del primo movimento) ma sempre sottomesso alla linea espressiva.

Le ovazioni della sala (esaurita) dell’Alte Oper sono soprattuto per lei, che ringrazia con un bis Bachiano prima di lasciare la scena all’orchestra, che ridiventa protagonista nel secondo dei pezzi in programma, Ein Heldenleben (Vita d’eroe) di Richard Strauss. Una scelta che, soprattutto a Francoforte, appare come un particolare omaggio dell’orchestra romana alla città che ne accolse la prima esecuzione il 3 marzo 1899 diretta dallo stesso compositore sul podio della Frankfurter Museumorchester. Pezzo d’occasione, certo, ma anche ottima vetrina quella allestita da Richard Strauss per dare risalto alla potenza del suono orchestrale così come alle capacità tecniche dei singoli strumentisti nei numerosi ensemble e assoli del poema sinfonico. Sotto l’ispirata e, verrebbe da dire, teatralissima guida di Antonio Pappano l’Orchestra risplende di una forma smagliante: il suono è plastico e radioso e gli interventi solistici perentori. Bravissimo senza riserve il giovane Konzertmeister Roberto González-Monjas protagonista assoluto del lungo assolo della Liebesstunde, la tenera ora d’amore della terza sezione (la compagna dell’eroe), ma da elogiare anche i petulanti legni nemici dell’eroe della seconda sezione e i radiosi ensemble degli ottoni del campo di battaglia. Trionfo incondizionato anche per l’orchestra e il suo direttore Antonio Pappano, che si congedano dal festosissimo pubblico con un italianissimo e trascinante bis verdiano, le danze dal Macbeth.

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