La nostalgia di Hans Sachs
Bellissima edizione di Die Meistersinger von Nürnberg con Gatti sul podio alla Scala
Recensione
classica
Dopo 27 anni Die Meistersinger von Nürnberg torna alla Scala (l'ultima volta fu con Sawallisch) in un allestimento nato a Zurigo nel 2012. Allora sul podio c'era Daniele Gatti, che poi diresse l'opera anche nel 2013 a Salisburgo, ma in altra edizione. E ora il maestro milanese l'affronta per la terza volta e ne dà una lettura stupefacente per leggerezza ed eleganza espressiva, non c'è momento dell'esecuzione in cui l'orchestra non ne assecondi l'idea di un Wagner per nulla pomposo, di estrema finezza lirica senza però mai mancare di tensione. Il preludio del terzo atto, gli incontri di Eva con Sachs ne sono esempi lampanti e indimenticabili. Chi scrive ha avuto modo di sentire Gatti a Parigi alle prese con Tristan und Isolde e ora non può che confermarlo uno straordinario concertatore wagneriano. A questo exploit dell'organico va aggiunta la grande prova di Michael Volle, che pare aver interiorizzato il personaggio di Sachs, con timbro e gestualità capaci di estreme dolcezze, di scatti furiosi, di nostalgie. Al suo fianco il Beckmesser di Markus Werba, dalla voce agilissima, macchiettistico solo quel che serve anche nella sfida del terzo atto. Jacquelyn Wagner è una Eva seducente e furba, perfettamente a proprio agio, anche se non dispone di grande volume di voce. Più prestante vocalmente è invece Anna Lapkovskaja, una Magdalene di grande presenza scenica, come del resto Albert Dohmen che dà all'orefice Pogner spessore e autorevolezza. Bravo anche Peter Sonn come David. Mentre il più debole del cast risulta il Walter di Erin Caves (ha sostituito Michael Schade dopo la prima), tenore di scarso fascino, non sempre intonato e purtroppo con chiare difficoltà nell'affrontare il Preislied sia nelle prove con Sachs sia nel finale.
La regia di Harry Kupfer (ripresa da Derek Gimpel) e le scene di Hans Schavernoch ambientano la vicenda tra le rovine della chiesa di Santa Caterina a Norimberga, dove oggi nella realtà si fanno eventi musicali d'ogni genere, con pezzi di archi a sesto acuto e impalcature per lavori in corso. Il rudere ruota su se stesso offrendo spazi diversi e sempre analoghi, serve da piazza, da vicolo, da casa di Sachs con l'aggiunta di un alberello di lillà, da sede del concorso canoro. Atto dopo atto ciò che rimane della Norimberga dopo l'ultima guerra risorge, ci sono gru a segnalare i cantieri e nell'ultimo molti grattaceli, segno che la Germania ha ripreso a vivere. I costumi sono contemporanei, cosa che non disturba affatto, anche se rischiano di riversare sulla tirata di Sachs a difesa dell'antica arte tedesca echi poco gradevoli di slogan anni Trenta. Sempre fluida e curatissima la recitazione dei cantanti, con un'unica banalità: la sfilata dei pupazzoni tipo Bred and Puppets o Carnevale di Viareggio prima della gara dei cantori.
A fine serata grandi applausi per tutti (tenore compreso che l'ha passata liscia), ma soprattutto per Daniele Gatti che già ne aveva raccolti di intensi prima di ogni atto.
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