Il ritorno di Didone
Metastasio intonato da Leonardo Vinci al Goldoni di Firenze
Recensione
classica
Un giovane Metastasio: è stata riproposta al Teatro Goldoni, per l'Opera di Firenze, la “Didone abbandonata”, nell'intonazione di Leonardo Vinci per il romano Teatro delle Dame (1726). Un Metastasio passionale, di non ancora sublimate e quasi impossibili virtù (quelle che di lì a qualche anno troveremo nei grandi libretti viennesi successivi alla nomina a poeta cesareo, come l'”Olimpiade” e la “Clemenza di Tito”), e anche la musica seducente di Leonardo Vinci sembra assecondare gli affetti ardenti dei personaggi con agilità e con un'intensità espressiva molto napoletana, fresca e fremente pur nell'inanellarsi implacabile di recitativi e arie col da capo. La realizzazione era affidata a due esperti dell'opera antica come Carlo Ipata (direzione) e Deda Cristina Colonna (regìa), con il supporto piacevole ma un po' insistito del teatro d'ombre di Altretracce e un impianto scenico e costumi (Gabriele Vanzini, Monica Iacuzzo) semplici ma tutt'altro che inefficaci, con qualche tocco di kitsch kolossal miniaturizzato. Tuttavia le promesse non sono state del tutto mantenute, e in particolare le opacità e le incertezze esecutive soprattutto della prima parte facevano pensare a un numero di prove decisamente insufficiente per la piccola orchestra (archi, oboi, corni, tromba e continuo), cosa che non ci sembra abbia poi molto senso se si va a ritirare fuori una partitura dopo trecento anni. Bene però il cast, Roberta Mameli (Didone), Carlo Alemanno (Enea), Marta Pluda (Araspe), Giada Frasconi (Osmida), e spiccavano in particolare a gusto di chi scrive la deliziosa Selene di Gabriella Costa e il “barbaro” Iarba - peraltro il più simpatico di tutti – di Raffaele Pé. Successo cordiale e repliche il 10 e 12 gennaio.
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