Barbablù in camera
Senza sangue di Eötvös e il Castello di Barbablù di Bartók insieme a Amburgo (con Baricco)
Sfogliando il programma nel foyer della Staatsoper di Amburgo nei minuti che precedono lo spettacolo, confessiamo una certa perplessità: ma che c’entra Alessandro Baricco con le atmosfere simboliste del Barbablù di Bartók? Perplessità che svaporano davanti alla produzione di Dmitri Tcherniakov, che cuce l’inedito dittico della novità di Péter Eötvös Senza sangue, tratta dal romanzo di Baricco, e del classico Il castello del duca Barbablù senza soluzione di continuità ricavandone uno spettacolo di singolare coerenza. In effetti, a distanza ravvicinata, i punti di contatto fra due storie lontanissime sulla carta rivelano intriganti prospettive comuni, specie nello sviluppare entrambe il tema dell’attrazione fra vittima e carnefice. In Eötvös è quello della donna testimone decenni prima del massacro di padre e fratello e risparmiata dal carnefice, verso il quale prova un’attrazione che finalmente si appaga nell’atto sessuale, triste, al pari dell’inevitabile epilogo di un percorso esistenziale “guidato dal desiderio di tornare all’inferno che ci ha generati”, come dice la donna. Eötvös cede il passo a Bartók nella stessa stanza di hotel, che Tcherniakov immagina con tratti di iperrealismo surreale che fanno pensare a Magritte, come nell’esterno nel quale si consuma l’incontro della vittima con il suo carnefice fra una pensilina modernista simile a quelle delle stazioni di provincia, e un semaforo che regola il movimento di un’umanità che si muove al rallentatore, indifferente. Niente castelli con le pareti grondanti sangue, dunque, ma solo una camera d’hotel con un letto sfatto per il duello “all’ultimo sangue” fra Judith, che è ancora e sempre la donna/vittima, e Barbablù, ancora e sempre l’uomo/carnefice. La settima porta che la donna vuole aprire è proprio la botola che il carnefice aveva aperto prima dell’incontro dei due sguardi che segna il loro destino.
La stessa coerenza del disegno scenico si ritrova anche nella concezione musicale, con un Eötvös bartókiano più che mai nelle lunghe e sonoramente preziose arcate cariche di tensione drammatica, stemperata purtroppo nei declamati dal passo lento e francamente anemici del libretto in italiano di Mari Mezei (perché non affrancarsi decisamente dai molti, fastidiosi baricchismi?). E Eötvös è preziosamente bartókiano anche come direttore alla testa dei formidabili Filarmonici di Amburgo, capaci di quella tensione notturna nel suono che da sola è già teatro. Della doppia coppia di interpreti, Claudia Mahnke e Bálint Szabó escono meglio in Bartók, ma Angela Denoke e Sergei Leiferkus danno un tocco di crepuscolare malinconia in Eötvös. Qualche vuoto in sala ma molti applausi. Sarà interessante riascoltare quest’ultimo Eötvös a Roma in forma di concerto fra qualche giorno senza Bartók: si ripeterà l’incantesimo?
Note: Nuova produzione dell’Opera di Stato di Amburgo. Date rappresentazioni: 6, 9, 15, 19, 23, 26, 30 novembre 2016. "Senza sangue" sarà presentata in forma di concerto all'Auditorium Parco della Musica (Sala Santa Cecilia) con l'Orchestra dell'Accademia di Santa Cecilia diretta da Péter Eötvös il 1, 2 e 3 dicembre.
Interpreti: [Senza sangue] Angela Denoke (La donna), Sergei Leiferkus (L'uomo) [Il castello del duca Barbablù] Bálint Szabó (Barbablù), Claudia Mahnke (Judith)
Regia: Dmitri Tcherniakov
Scene: Dmitri Tcherniakov
Costumi: Elena Zaytseva
Orchestra: Philharmonisches Staatsorchester Hamburg
Direttore: Péter Eötvös
Luci: Gleb Filshtinsky (video di Tieni Burkhalter)
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