“Koma” conclude la trilogia che Georg Friedrich Haas ha composto per il Festival SWR di Schwetzingen, dove l’opera ha debuttato un mese prima dell’attuale ripresa allo Staatstheater di Darmstadt, che l’ha coprodotta. Come le precedenti "Bluthaus" e "Thomas", è il filo sottile che separa la vita dalla morte al centro della riflessione di Haas che anche per questo lavoro ritrova la collaborazione del librettista Händl Klaus. Se la sua produzione testimonia un interesse costante per i colori del crepuscolo e della notte (dall’opera da camera “Nacht” ispirata a Hölderlin di vent’anni fa fino alla recente “Morgen und Abend” per il Covent Garden), per “Koma” Haas fa un passo ulteriore e compone una partitura che prevede un’esecuzione per la maggior parte al buio completo, come già per il suo quartetto d’archi n. 3 “In iij. Noct” del 2001. L’artificio ha un’indubbia efficacia e è coerente con la trama del libretto: Michaela, una giovane donna in coma a seguito di un incidente, è circondata dal personale di una casa di cura e dai congiunti più stretti che tentano di risvegliarla rievocando episodi del suo passato. Sostanzialmente privo di sviluppo drammaturgico e di momenti forti, il lavoro poggia quasi interamente sulla dimensione musicale. Haas è molto abile nel dare alla complessità del suo lessico musicale un contenuto emotivo di sicuro impatto – soprattutto grazie alla felice scelta di impasti strumentali e di sonorità inedite più che nella scrittura vocale piuttosto dimessa – ma la tensione non regge alle due ore (senza pausa) e probabilmente una maggiore sintesi gioverebbe alla pregnanza drammatica del lavoro. Di grande spessore comunque l’esecuzione della Staatsorchester del teatro di Darmstadt guidata, anche nel buio totale, con rigore e perizia da Johannes Harneit. Di livello anche gli interpreti vocali, a cominciare dalla protagonista Ruth Weber, Michaela "visibile" solo nel buio, e Lini Gong, la sorella Jasmin più elaborata nelle linee vocali. Meno incisivi i due interpreti maschili: Ekkehard Abele, il marito Michael, e soprattutto Daniel Gloger, nel doppio ruolo del cognato e della madre. Pertinente ma senza colpi d’ala lo spettacolo allestito da Karsten Wiegand con le scene essenziali di Bärbl Hohmann arricchite dalle proiezioni di Roman Kuskowski. Molti applausi.
Note: Comissione del Festival SWR di Schwetzingen e dello Staatstheater di Darmstadt. Date rappresentazioni: 24 giugno, 9, 21, 31 luglio.
Interpreti: Ruth Weber (Michaela, una donna in stato vegetativo), Ekkehard Abele (Michael, suo marito), Lini Gong (Jasmin, sua sorella), Daniel Gloger (Alexander, il marito di Jasmine / La madre), Maika Troscheit (Dott. Auer), Maria Ammann (Dott. Schönbühl), Alexander Baab (Janos, infermiere), David Földszin (Nikos, infermiere), Sinan Aslan (Zdravko, infermiere)
Regia: Karsten Wiegand (assist. Dirk Schmeding)
Scene: Bärbl Hohmann
Costumi: Andrea Fisser
Orchestra: Das Staatsorchester Darmstadt
Direttore: Johannes Harneit
Luci: Dieter Göckel (video di Roman Kuskowski)