Lo specchio di Vacchi e Nove
Al Maggio Musicale Fiorentino la prima assoluta dello "Specchio Magico"
Recensione
classica
Mettete insieme un compositore, un poeta, un rapper, un writer e un danzatore e fategli fare un'opera, “Lo Specchio Magico”, testo di Aldo Nove e musica di Fabio Vacchi, sabato all'Opera di Firenze in prima assoluta. Chi vi sembra che manchi ? Forse un drammaturgo. Per il pubblico che non avesse ben letto prima il libretto, non era semplice seguire il filo della vicenda, fra passato, presente e futuro possibile, in simboli e icone, dai tiranni dell'antichità agli eroi di “Balla coi lupi” all'atomica, mentre per esempio John Adams ci dimostra quanto un teatro musicale di idee abbia bisogno di una forte intelaiatura scenica e di racconto. Questa era piuttosto una cantata per solisti, coro e orchestra, ben diretta da John Axelrod, con il palcoscenico saltuariamente occupato dal rapper Millelemmi come Cantastorie e dal danzatore Filippo Coffano Andreoli come Piccola Nuvola – bravi - mentre sopra la scena veniva proiettata la performance nella cavea superiore del writer Moby Dick, alle prese col suo grande e bel murale ambientalista (animali selvaggi, una nativa americana). Ma ciò che restava era un certo che di fin troppo didascalico, senza che la nobile retorica in versi di Nove fosse veramente riscaldata dalla musica di Vacchi, retaggio di un Novecento un po' imbalsamato, abile nel dominio dei grandi mezzi vocali, corali e sinfonici, ma senza graffio e senza energia, pur con qualche squarcio lirico più toccante come il monologo del lupo-tenore Due Calzini, l'ottimo Marcello Nardis in un cast che annoverava specialisti come Roberto Abbondanza, Alda Caiello, Mirko Guadagnini. Questa l'impressione di chi scrive, ma alla fine il successo c'è stato e piuttosto caldo, anche se controverso per le non poche contestazioni.
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