Beethoven il moderno
Firenze: successo di Jin Ju nelle ultime tre sonate beethoveniane
Recensione
classica
Il travolgente concerto di Jin Ju ha aperto al Teatro Goldoni una miniserie pianistica del 78° Maggio intitolata alla “modernità di Beethoven”, pendant del “Fidelio” all'Opera, aperta da due pianisti già pienamente affermati sul piano internazionale (dopo la pianista cinese che ha eseguito le op. 109, 110 e 111, sarà infatti Davide Franceschetti a fare l'op. 101 e la doppia serie delle Bagatelle), a cui farà seguito un trio di emergenti, Giuliano Graniti, Marco Mantovani e Giovanni Nesi con la voce narrante di Guido Barbieri per le Variazioni Diabelli. Il tutto sul fortepiano viennese Lange dell'Accademia Bartolomeo Cristofori, dai bassi potenti e dalla timbrica già romantica in cui la parte sinistra della tastiera diventa quasi antagonista della qualità puntuta e pungente degli acuti, l'ideale per illustrare gli esiti di una ricerca estrema sul mondo pianistico. Di Jin Ju conoscevamo da tempo il nitore tecnico, l'estro e la trasparenza di dettaglio, ma in questo Beethoven delle ultime sonate ci ha colpito l'energia e l'eloquenza dell'espressione, in una sintesi bruciante e di grande forza, in cui quasi senza transizione si passava attraverso tutte le tinte dell'ultimo Beethoven, restituite da Jin Ju in modo scavato e personalissimo. In particolare ci ha colpito il finale della 110 con l'intrecciarsi di recitativo, Arioso dolente e fuga in un microcosmo intensamente serrato, e, nell'Arietta finale dell'op.111, l'indagine sui tintinnabuli degli acuti e sui lunghissimi trilli che valorizzava pienamente le caratteristiche del fortepiano Lange che si sono dette. Moltissimo successo e generosità di fuori programma con “Per Elisa”, Scarlatti e Rameau.
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