Giochi d’acqua al Cantiere
Una trilogia di Detlev Glanert a Montepulciano
Recensione
classica
Al Teatro Poliziano di Montepulciano per il 38° Cantiere Internazionale d’Arte, i Drei Wasserspiele, Tre Giochi d’Acqua, di Detlev Glanert (Leviatano, L’Angelo che muoveva l’acqua, L’Angelo sulla nave, scritti in tempi diversi), dai Three-minute-Plays di Thorton Wilder ripropongono, dopo il Diario di Nijinskij di qualche anno fa, il talento teatrale del compositore amburghese, già allievo di Hans Werner Henze, fondatore del Cantiere (che poi Glanert stesso ha diretto): tre storie acquatiche tracimanti dal palcoscenico alla platea evocante scogliere e specchi d’acqua, una sirena che vorrebbe un’anima immortale ma intanto sacrifica il principe naufrago al Leviatano comico di turno, gli aspiranti miracolati alquanto eterodossi della piscina di Bethesda, tre naufraghi regrediti all’idolatria dell’adorazione della superstite polena. Storie tanto bizzarre quanto investite di un’inquieta interrogazione esistenziale e forse teologica, anche se deflagrante alla fine in una quasi comicità. La musica di Glanert, consegnata al piccolo organico strumentale misto impreziosito dal tinnire di chitarra e celesta, ha i suoi momenti migliori nell’evocazione dal sapore musicale quasi simbolista di queste inquietudini, in particolare nell’Angelo di Bethesda, ma suona anche molto “henziana” in certe infiammate espressioni di vocalità. Il podio è presieduto da Guido J. Rumstadt, la regia di Georgios Kapoglou, con le sue sottolineature grottesche-espressioniste e le sue tipiche chiose, è destinata soprattutto alla Germania: è infatti una coproduzione con Stadtheater Fuert oltre che con l’Hochschule fuer Musik di Norimberga che fornisce i giovani strumentisti e cantanti, fra cui segnaliamo Sung Sik Park e Maria Devitzaki. Cordiale successo.
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