Il lato oscuro di un americano perfetto
Accolta con successo dal pubblico di Madrid la nuova opera di Philip Glass
Recensione
classica
L'intenzione è quella di demistificare, infrangere un mito, quello dell'immagine edulcorata, del buon 'zio Walt', con tutto il suo mondo di animali, topi e paperi: “The perfect american”, andato in scena in prima mondiale al Teatro Real di Madrid, ci riporta i tratti di un Disney un po' razzista e misogino, ultraconservatore, disegnato dallo scrittore tedesco Peter Stephan Jungk nel suo romanzo omonimo, anche se tuttavia il personaggio che emerge, nel libretto di Rudy Wurlitzer e dalle atmosfere musicali di Glass, assume sicuramente caratteri più umanizzati e sofferti, quasi ingenui.
Sono gli ultimi anni di vita dell'inventore di Topolino, minato dal cancro, che sogna una sorta di vita eterna, chiedendo di farsi congelare una volta morto e che sogna nostalgico la semplicità agreste del paese dell'infanzia, Marceline. Il libretto, in alcuni momenti, è abbastanza contorto e poco agile nella struttura narrativa, la musica di Glass riproponendo tutti i caratteri tipici di uno stile che lo rendono subito riconoscibile si caratterizza per un melos che alterna un tono fortemente epico e stentoreo con tratti elegiaci. Efficaci e ritmicamente pulsanti i cori, ottimamente interpretati dalla compagine madrilena; episodi strumentali spesso troppo dilatati e che spezzano la tensione drammaturgica, con pantomime non sempre efficaci. Regia comunque estremamente attenta all'interpretazione attorale; efficaci le animazioni e la scenografia dal sapore vintage. Ottima la direzione musicale di Dennis Russel Davies, profondo conoscitore di Glass, così il cast vocale, in particolare il baritono Christopher Purves, nel ruolo di Disney, applauditissimo da un pubblico numeroso e attento che ha accolto con favore, e senza fischi, una nuova opera: il che per Madrid non è poco!
Interpreti: Christopher Purves
Regia: Phelim McDermott
Direttore: Dennis Russell Davies
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