Noè, l’arca e i bambini
Ad Anima Mundi ottimo successo per il “mistero sacro” di Benjamin Britten
Recensione
classica
Dopo Le Jongleur de Notre Dame di Peter Maxwell Davies del 2010, il festival pisano di musica sacra Anima Mundi ritorna ad un teatro musicale povero, ispirato al dramma medievale, con l’Arca di Noè di Benjamin Britten (in italiano). Liberamente tratta dal celebre ciclo di Chester come The Fludd di Stravinskij, questa Arca è però tutta britteniana, è teatro sorretto dai professionisti – l’ottimo quintetto d’archi su cui si imperniava il piccolo ensemble strumentale – ma fatto dai ragazzini, i bambini delle scuole pisane che interpretavano gli animali con le maschere da essi stessi realizzate e le bandine di trombe e flauti che fornivano gli squilli che punteggiano la narrazione, mentre gli adulti del coro parrocchiale pisano di S. Sisto provvedevano ai corali, i ruoli principali erano affidati a due efficaci protagonisti, Noè e la sua bisbetica signora, Alvaro Lozano Gutierrez e Lucia Sciannimanico, e le altre voci, se non tutte bianche, erano certamente fresche e giovani. Nel vasto spazio del Camposanto Monumentale, la regìa di Salvatore Ciulla ha puntato giustamente sulla semplicità, sull’essenzialità di maschere e sagome di legno e cartone, e intanto il linguaggio musicale di Britten compiva ancora una volta, fra tanti echi di sonorità antiche, il miracolo di sembrare ingenuo e restare intimamente raffinato. Ha ben diretto Guido Corti, promotore e coordinatore di tutto ciò che sta dietro a questa kermesse britteniana che coinvolge tante persone, bambini e grandi, tanti sforzi, tanta passione: proprio come nelle antiche confraternite che dettero vita, con le loro storie di santi e patriarchi, alla rinascita del teatro europeo. Molto e meritato successo.
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