Quasthoff wanderer alla Scala
Il baritono tedesco con la Winterreise di Schubert a Milano.
Recensione
classica
Sconvolte. Tutte. Le facce di chi usciva dal Teatro alla Scala dopo l’esecuzione di Thomas Quasthoff della Winterreise di Schubert erano per la maggior parte improntate al silenzio e alla commozione. Il carisma vocale e umano del baritono tedesco è attualmente senza paragoni e l’accompagnatore di lusso Daniel Barenboim al pianoforte suggella un’esecuzione che entra di diritto nella storia dell’interpretazione schubertiana.
Mai come prima avevamo capito fino in fondo il senso di alcune pagine come Die Krähe (La cornacchia), raccontata come una normalissima filastrocca la cui tragica verità sta proprio nel suo apparire così, immediata e semplice e pure scolpita in una dizione fenomenale; oppure il celeberrimo Lindembaum (Il tiglio), dove Quasthoff sfoggia una padronanza tecnica dell’emissione da consentirgli di volare fra pianissimi leggeri e fraseggio da poeta (per esempio, nel differente peso dello stesso fa diesis di «Freud’» e «Leide»). Il senso della parola che scaturisce dall’arte di Quasthoff è tale da immergere l’ascoltatore in un mondo strettamente umano, hic et nunc nello sguardo fisso nel vuoto di quando il baritono scruta la profondità dell’animo in una Einsamkeit (Solitudine) infinita o quando gli occhi vagano qua e là in cerca del suono della cornetta postale.
Ma il vertice del viaggio è tutto nella visione del Leiermann (L’uomo dell’organetto), da Quasthoff alitato come uno spettrale racconto di morte, la cui risonanza dell’ultimo mi si perde fra gli accordi del pianoforte. Barenboim segue a suo modo: più che accompagnare suggerisce, imita, a volte prevarica, ma sempre forte di una musicalità efficace. Pubblico di rara cafonaggine tra tossi, caramelle e cellulari: Quasthoff sorvola e si merita una standing ovation a coronazione di «dieser ganzen Reise».
Interpreti: Thomas Quasthoff, basso-baritono Daniel Barenboim, pianoforte
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