Quegli Asi temerari sulle macchine volanti
Trionfale accoglienza al settantesimo Maggio Musicale Fiorentino per prologo e prima giornata del Ring, Oro del Reno e Valchiria, con Zubin Mehta sul podio e la messinscena del collettivo teatrale catalano della Fura dels Baus, tra Guerre Stellari e teatro tecnologico. Spicca nel cast il Wotan tormentato di Juha Uusitalo
Recensione
classica
Ci voleva la Fura dels Baus, e citiamo per tutti almeno Carlos Padrissa che firma la regìa, per inaugurare una stagione nuova del Ring oltre le regìe di concetto, i Wotan magnati della finanza, l'Anello come saga dell'accumulazione capitalistica, restituendoci il fascino caldo e seducente del mito wagneriano in queste prime due parti andate su con successo trionfale a Firenze dopo aver debuttato a Valencia. Nelle loro vasche-cubi le ondine nuotano davvero, dèi e valchirie volano a tutto spiano grazie alle gru-macchine da volo azionate a vista, scorrono nei video nubi, lave incandescenti, tempeste, foreste, Wotan e Loge si inabissano per tunnel cosmici come le flotte di Guerre Stellari, fantasy, fumetti e persino la realtà virtuale dei videogiochi sono citati doviziosamente; ma quello della Fura è anche un Ring molto fisico, fatto di corpi, dalla torre umana che funge da Walhalla allo stupefacente grande incensiere carico di cadaveri degli eroi morti. Gli esegeti del Wagner-pensiero resteranno forse spiazzati, ma il pubblico resta sveglissimo, ad aspettare meraviglia dopo meraviglia. L'orchestra sostiene validamente, al di là di qualche inevitabile sbavatura, la sfida insolita dell'esecuzione di prologo e prima giornata a brevissima distanza; Zubin Mehta, dopo un Rheingold curiosamente oggettivato, diremmo disepicizzato, trova nella Valchiria la chiave di un lirismo intimo ma pieno di profondo slancio e scosso da improvvise accensioni, regalandoci in particolare un indimenticabile primo atto; nel cast il migliore è il Wotan statuario ma anche intimo e tormentato di Juha Uusitalo, molti consensi riscuote il Siegmund di Peter Seiffert, svetta validamente l'Hojotoho di Jennifer Wilson, Brunilde, ma tutti danno il meglio di sé, come cantanti e come attori, con generosità e partecipazione assoluta.
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