Se è concesso giocare con i titoli in programma quest'anno al festival di Pesaro, la vera Pietra di paragone non l'ha certamente fornita l'Equivoco, con la stravagante regia di Sagi, ma Il Turco in Italia, che ha messo in chiaro qual è il vero grande Rossini, ben diverso da quello delle due opere precedenti, perché nemmeno dai geni si possono pretendere capolavori a getto continuo. Indubbiamente Guido De Monticelli ha avuto un compito un po' più facile dei registi delle altre due opere, perché non ha avuto bisogna d'inventarsi chissà cosa, ma si è potuto limitare ad assecondare le invenzioni rossiniane, e l'ha fatto nel migliore dei modi. Gli si può però obiettare che avrebbe potuto sfruttare meglio l'originale struttura di questo "dramma buffo", che gira intorno a un personaggio un po' pirandelliano, un poeta che osserva e guida le azioni degli altri personaggi per trasformarle nel libretto di un'opera. Invece ha visto nel Turco in Italia solo la tipica opera buffa, quindi ne ha sottolineato soprattutto gli aspetti comici, senza lazzi e sberleffi, ma giocando con i caratteri e le situazioni e assecondando le trovate musicali di Rossini, facendo del concertato finale del primo atto e del duetto Selim-Geronio del secondo due momenti di puro e totale divertimento. Tanto più risaltavano alcuni rari momenti più seri, come la grande aria di Fiorilla, vero finale dell'opera prima del convenzionale lieto fine. Patrizia Ciofi l'ha cantata magnificamente, facendo coincidere virtuosismo ed espressione, così come prima aveva dato vita al lato volubile e piccante del suo personaggio. Un turco che più turco non si può, con in testa un turbante formato magnum e sempre pronto a sfoderare la scimitarra, era Ildar Abdrazakov, che si è rivelato un rossiniano rifinito. Il Geronio di Alessandro Corbelli somigliava un po' a Harpo Marx ma non era muto, anzi cantava benissimo. Il recupero di una seconda aria, aggiunta per una ripresa romana del 1815, ha dato maggiore rilievo protagonistico a Narciso, che aveva la voce e lo stile gradevolissimi di Matthew Polenzani. Roberto De Candia era un Prosdocimo comico ma misurato. A Riccardo Frizza non è bastato dirigere bene, perché il pubblico ha deciso che quest'anno i direttori vanno comunque fischiati. Semmai ci sarebbe molto da ridire sulle orchestre, perché, dopo quella del Teatro Comunale di Bologna, anche quella creata appositamente dal festival non è stata assolutamente all'altezza.
Note: Nuova produzione
Interpreti: Ciofi, Martins, Abdrazakov, Codeluppi, Corbelli, De Candia, Polenzani
Regia: Guido De Monticelli
Scene: Paolo Bregni
Costumi: Santuzza Calì
Orchestra: Orchestra del Rossini Opera Festival
Direttore: Riccardo Frizza
Coro: Coro da Camera di Praga
Maestro Coro: Lubomír Mátl