La visita del Teatro Bolshoj di Mosca a Roma ha fruttato due recite del Gallo d'oro: in considerazione del fatto che le due ultime esecuzioni romane di opere di Rimskij-Korsakov riguardano proprio questo stesso titolo, si sarebbe forse potuto scegliere qualcos'altro nel vasto catalogo dell'autore, ma questo non inficia la qualità dello spettacolo. Niente di straordinario, intendiamoci, ma comunque una dimostrazione dell'ottimo livello che il massimo teatro dell'ex Unione Sovietica conserva ancora oggi, almeno in questo repertorio, nonostante la lunga crisi che lo travaglia. L'allestimento scenico è del 1988, quindi relativamente recente, ma si può scommettere che assomiglia molto a quello precedente, che a sua volta risaliva quasi alla prima esecuzione del Gallo d'oro, che è del 1909. Sembrano usciti da un vecchio libro di favole sia i costumi, un patchwork di azzurri, rossi, arancioni e gialli, che le scene dipinte, con cieli popolati da stelle sbrilluccicanti, coloratissime cupole a cipolla e boschi fantastici. C'è una sottile ma fondamentale differenza tra le scene e i costumi, tradizionali in quanto conformi al tono fiabesco del Gallo d'oro, e la regia, tradizionale in quanto piatta e priva di idee: gli spunti fiabeschi e soprattutto satirici vanno in gran parte persi e, al di là di qualche saltello, i protagonisti e il coro stanno fermi a guardare il direttore, mentre a movimentare un po' il palcoscenico pensano i bravisismi mimi. Forse qualcosa della regia si è perso per strada nelle tante recite succedutesi negli anni, come succede in tutti i teatri di repertorio, da Vienna a New York, e ci sarebbe voluta qualche prova per togliere la polvere e rimettere a punto gli ingranaggi, anche per quanto riguarda . la parte musicale. L'orchestra è eccellente, con prime parti - chiamate a uscite solistiche molto impegnative - che hanno suono bello e potente ma incorrono in qualche lieve inciampo, che con un minimo di prove in più non si sarebbe verificato. Di routine è la direzione di Aleksej Stepanov, che attenua quella presenza protagonistica e scintillante dell'orchestra che Rimskij-Korsakov esige. Pressoché ideale il cast. Perfetto e dvertente il basso Vladimir Matorin nel ruolo del protagonista, lo zar Dodon. Elena Bryleva è una sensuale regina di Shemakhan, e sarebbe ancora ìpiù seducente senza quel vibratello. Irina Udalova ha una voce lucente e forte come acciaio nei gorghecci del galletto. Negli altri ruoli, che richiederebbe eccellenti caratteristi, si sono messe in campo alcune voci importanti. Per esempio, un notevole baritono (Andrej Grigoriev) si nasconde nel piccolo ruolo di uno dei figli dello zar Dodon. Questo spreco non porta sempre al risultato migliore, come nel caso di Serghej Gaidej, una bella voce di tenore lirico che si trova a disagio nel ruolo acutissimo dell'Astrologo, scritto per un tenorino dalla voce sottile e appuntita come uno spillo. Due caratteristi veri sono invece Aleksandra Durseneva e Mikhail Guzhov, che quindi si trovano come pesci nell'acqua nei panni della governante e del generale. Pubblico da serata ufficiale (erano presenti il ministro degli esteri russo e molte autorità italiane) e successo contenuto, come sempre in queste circostanze.
Note: allestimento del Teatro Bolshoj di Mosca
Interpreti: Maturin, Zaicenko, Grigoriev, Guzhov, Durseneva, Gajdej, Bryleva, Udalova, Judin, Gorlov
Regia: Gheorghij Ansimov
Scene: Marina Sokolova
Orchestra: Orchestra del Teatro Bolshoj di Mosca
Direttore: Alexej Stepanov
Coro: Coro del Teatro Bolshoj di Mosca
Maestro Coro: Stanislav Lykov