Una prima esecuzione del Parsifal
A Roma l'esecuzione della riduzione per piccola orchestra di Humperdinck
Recensione
classica
Una prima esecuzione assoluta di Wagner!? No, più modestamente la prima del Parsifal nella riduzione per piccola orchestra di Engelbert Humperdinck, mai eseguita prima d'ora né pubblicata. Humperdinck - proprio lui, l'autore di Haensel und Gretel - idolatrava Wagner, come molti in quegli anni, e si offrì umilmente come collaborazione all'ormai anziano maestro, che l'accettò, proprio negli anni cui stava componendo il Parsifal. Si può immaginare quanto profondamente la sua morte lo abbia colpito. Poco dopo quel tragico evento si mise a lavorare a questa riduzione, dedicandovisi dal 1883 al 1885, forse al fine di elaborare il lutto, perché non sembra che avesse in mente una finalità pratica di questa sua fatica. Uno psicanalista improvvisato potrebbe anche ipotizzare che fu proprio per renderne impossibile l'utilizzazione che lasciò la sua trascrizione incompiuta a poche pagine dalla fine. Fu un'inutile precauzione, perché ora Cord Garben ha ritrovato il manoscritto in una biblioteca di Berlino, l'ha completato e l'ha diretto per la stagione dei concerti dell'Università degli Studi Roma Tre.
Quella di Humperdinck è una riduzione non soltanto dell'organico strumentale (oltre agli archi restano uno ciascuno dei quattro legni, due corni, arpa e timpani) ma anche della durata, che dalle circa cinque ore passa a un'ora e mezza, scegliendo otto momenti dell'opera che più si prestavano a una realizzazione puramente orchestrale. Soprattutto, nonostante la devozione sconfinata di Humperdinck all'autore del Parsifal, è una riduzione alla dimensione umana del "dio Wagner". La musica non scorre più come un grande fiume, in cui il ritorno ciclico dei temi crea un andamento spiraliforme e, per così dire, un "movimento statico". Tale dimensione atemporale e sacrale del Parsifal cede qui il posto a una drammaturgia più tradizionale, a un andamento episodico, a una dimensione da interno domestico che sa ancora di Biedermeier. Altre riduzioni per organici cameristici di musiche originariamente concepite per grandi orchestre postwagneriane non snaturano l'idea del compositore - penso alle sinfonie di Mahler - o addirittura la rendono più chiara - penso alla Volpe astuta di Janacek, la cui orchestrazione straussiana è un debito pagato alla sua epoca più che una reale necessità - ma non avviene così nel caso del Parsifal. La colpa non è di Humperdinck, ma del fatto che non si può togliere a Wagner la sua maestosità: presentandolo così ridotto al pubblico, lo si sminuisce e basta. Ciò non toglie nulla all'interesse di questo concerto, anzi è esattamente il motivo per cui è valsa la pena di ascoltarlo. Anche la direzione di Cord Garben, che è un pianista, un maestro sostituto e un produttore discografico più che un vero direttore d'orchestra, contribuiva al "quod erat demonstrandum". La sua bacchetta non dava agli strumentisti della Roma Tre Orchestra- tutti molto giovani, ad eccezione di alcune prime parti - la necessaria sicurezza e di conseguenza il risultato sonoro era piuttosto gracile, confermando che è meglio non "ridurre" Wagner.
Quella di Humperdinck è una riduzione non soltanto dell'organico strumentale (oltre agli archi restano uno ciascuno dei quattro legni, due corni, arpa e timpani) ma anche della durata, che dalle circa cinque ore passa a un'ora e mezza, scegliendo otto momenti dell'opera che più si prestavano a una realizzazione puramente orchestrale. Soprattutto, nonostante la devozione sconfinata di Humperdinck all'autore del Parsifal, è una riduzione alla dimensione umana del "dio Wagner". La musica non scorre più come un grande fiume, in cui il ritorno ciclico dei temi crea un andamento spiraliforme e, per così dire, un "movimento statico". Tale dimensione atemporale e sacrale del Parsifal cede qui il posto a una drammaturgia più tradizionale, a un andamento episodico, a una dimensione da interno domestico che sa ancora di Biedermeier. Altre riduzioni per organici cameristici di musiche originariamente concepite per grandi orchestre postwagneriane non snaturano l'idea del compositore - penso alle sinfonie di Mahler - o addirittura la rendono più chiara - penso alla Volpe astuta di Janacek, la cui orchestrazione straussiana è un debito pagato alla sua epoca più che una reale necessità - ma non avviene così nel caso del Parsifal. La colpa non è di Humperdinck, ma del fatto che non si può togliere a Wagner la sua maestosità: presentandolo così ridotto al pubblico, lo si sminuisce e basta. Ciò non toglie nulla all'interesse di questo concerto, anzi è esattamente il motivo per cui è valsa la pena di ascoltarlo. Anche la direzione di Cord Garben, che è un pianista, un maestro sostituto e un produttore discografico più che un vero direttore d'orchestra, contribuiva al "quod erat demonstrandum". La sua bacchetta non dava agli strumentisti della Roma Tre Orchestra- tutti molto giovani, ad eccezione di alcune prime parti - la necessaria sicurezza e di conseguenza il risultato sonoro era piuttosto gracile, confermando che è meglio non "ridurre" Wagner.
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